Compostaggio, il mancato ricorso al Tar: nel danno anche la beffa?
BATTIPAGLIA – La mancata notifica da parte del Comune di Battipaglia del ricorso al Tar nella battaglia legale contro la Regione Campania – pur essendosi l’Ente comunale costituito dinanzi al tribunale nel turbolento contenzioso – è una notizia che ha dell’inverosimile: se la questione dovesse finalmente giungere davanti al giudice amministrativo, il ricorso verrebbe infatti dichiarato inammissibile.
In città si cerca di comprendere quali siano le responsabilità della rinuncia alla misura cautelare: le strade non possono che portare dinanzi alla porta dell’Ufficio legale dell’Ente comunale. È stata vanificata una ‘chance’ per l’intera Piana del Sele: il Tar avrebbe potuto sospendere l’atto del finanziamento regionale dell’impianto.
Non ci voleva uno scienziato del diritto per capire che i termini per il ricorso al Tar erano scaduti.
E infatti, commentando con alcuni colleghi, anche con una conoscenza embrionale dei fatti, avevamo già subodorato che ci fosse un problema legato ai tempi e alle modalità di deposito e notifica dell’atto. Nulla di più.
Piuttosto il problema grave è la mancanza di chiarezza da parte dell’Amministrazione Francese.
Bisogna riflettere su questo.
Se l’Amministrazione comunale è stata poco limpida nel comunicare ai cittadini come intendeva procedere circa la realizzazione dell’impianto di compostaggio, a questo punto sorge spontanea una domanda: la posizione dell’Ente comunale è stata ‘ondivaga’ perché era già a conoscenza del vizio che inficiava l’introduzione del possibile ricorso o perché chi ci governa ai più alti livelli ignorava l’iter burocratico?
La risposta, anzi le risposte procurano ad ogni modo sconcerto.
Se lo ignorava è grave. Ed è ancor più grave se non lo ignorava perché, comunicando anche attraverso la stampa che il ricorso era stato depositato – ed è facile provarlo – ha ingenerato nei cittadini una falsa rappresentazione della realtà.
Resta il fatto che l’ambigua circostanza ha destato amarezza in tanti battipagliesi e proprio le rivelazioni di questi giorni sollecitano una riflessione di più ampia portata.
Per amministrare esistono regole scritte – la legge – e regole non scritte come la correttezza, la diligenza.
Il diritto e i diritti, per esempio, si difendono proprio accettando le regole non solo quando ci piacciono o ci danno ragione.
Sorge allora il dubbio – come se non bastassero gli innumerevoli interrogativi – che non siano state giocate le carte giuste in difesa del territorio, soprattutto sul piano tecnico-amministrativo e politico, per evitare d’imboccare la più facile via dell’esasperazione populista: l’ambiente e la salute pubblica si difendono con il contributo della scienza e della tecnica, cercando di ‘intelligere’ la realtà in cui viviamo, non certo con la paura e l’ignoranza.
L’onestà dei governanti deve essere un’essenziale precondizione, ma da sola non è sufficiente; deve essere accompagnata dall’impegno, dal merito e dalla capacità, meglio se già dimostrata.
Dispiace dirlo, ma occorre prenderne atto: dal dibattito generatosi in città intorno alla questione ambientale si evince una povertà di idee da parte dei politici locali, in aggiunta a quella che già connota il quadro nazionale. Una situazione a dir poco desolante. Ma, pur volendo metter da parte quelli che possono sembrare tecnicismi tattici, la domanda essenziale, alla luce di tutto questo e al di là di esso, può essere questa: ci può essere speranza?
La risposta è sì. La speranza esiste. Se vogliamo una politica col volto umano bisogna sognarla ed attuarla come ha fatto John Adams, il grande costituente americano e secondo presidente degli Stati Uniti, che diceva: “Io sono felice perché, quando discutiamo della nostra comunità, vedo la gente che si siede, si ascolta e quindi ritorna nelle proprie famiglie, con la voglia di costruire qualcosa di bello, di nuovo”. Era la fine del Settecento. Probabilmente queste antiche parole, dal gusto un po’ romantico, risuonano come nuove in un contesto politico e sociale che ha bisogno di essere svegliato dal suo torpore. (Avv. Francesco Di Vice)