Un “lavoro degno” per la rinascita del Paese
La pietra miliare dell’ordinamento giuridico italiano ha previsto tra i principi fondamentali il diritto al lavoro. L’articolo 1 della Costituzione sancisce che “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.”
Nell’articolo 4, invece, i Padri costituenti sottolinearono che ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.”
Sono trascorsi 75 anni dall’entrata in vigore della Carta costituzionale; si sono succeduti oltre 60 governi nazionali ma non si è mai raggiunta la piena occupazione. Anzi, la percentuale di disoccupazione resta elevata soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno: i cittadini non riescono a scegliere il lavoro, non di rado le condizioni economiche riconosciute non rispettano i contratti collettivi e spesso non sono erogati i servizi di assistenza e previdenza dovuti per legge. Se a questo aggiungiamo i vari periodi di crisi internazionale – da quella petrolifera dei primi anni ’70 alla crisi finanziaria del 2008 fino ad arrivare all’emergenza Coronavirus – possiamo comprendere come sia difficile oggi assicurare a tutti un lavoro. La ricorrenza del 1° Maggio ci aiuti a ‘ricentrare’ i valori ed i principi che sono alla base del nostro vivere civile, perché il lavoro – come ci ricorda Papa Francesco – sia innanzitutto un “lavoro degno”. In un periodo come quello attuale è fondamentale ripetere che tutti possiamo concorrere alla rinascita del Paese, tutti dobbiamo lavorare per la ricostruzione dell’Italia non solo dal punto di vista sanitario, ma anche morale, sociale ed economico. I laici cattolici ricerchino per primi il bene comune, impegnandosi con rinnovata coscienza sociale nei vari ambiti di vita, nei luoghi di lavoro e al fianco di chi cerca un lavoro. In questo esercizio di responsabilità civile nessuno sia lasciato solo. Lo Stato e le Istituzioni di governo locale non dovrebbero fermarsi alle ‘passerelle’ propagandisriche durante le inaugurazioni di opere pubbliche, peraltro dovute alla popolazione che ha sofferto il crollo di un’infrastruttura indispensabile per la sua viabilità; non dovrebbero esibirsi nell’inaugurare ospedali o presidi anti-covid altrettanto necessari per un popolo colpito improvvisamente da un’immane tragedia sanitaria; non dovrebbero limitarsi a prevedere sospensioni di pagamento di imposte o tributi o, comunque, indennizzi che non sempre coprono le spese vitali. Il Governo nazionale deve progettare l’immediato futuro servendosi di persone competenti, che siano concretamente e disinteressatamente impegnate da tempo per la crescita dell’Italia. Ci chiediamo: a cosa serve la consuetudine tipicamente italiana di nominare in queste situazioni un commissario che progetti come rilanciare i settori lavorativi non sempre ascoltando chi è in trincea? Chi lavora deve essere ascoltato per migliorare il suo ambiente, per creare migliori condizioni e per fare in modo che in casi di emergenza non ci sia il default. Le istituzioni di governo locale finanzino le attività in difficoltà, le seguano nella loro evoluzione affinché possano crescere nel rispetto della forza-lavoro e della salubrità dell’ambiente. Da parte loro i cittadini, per quanto possibile, ritornino a fare acquisti negli esercizi commerciali della città, ad iniziare da quelli del vicinato, investendo in prodotti locali per garantire un futuro a chi, in un periodo di chiusura obbligatoria, ha perso l’intero fatturato e rischia di non lavorare più.
(“CoscienzaSociale” – Laboratorio AC di formazione e partecipazione socio-politica)