Iscrizione anagrafica dei “senza tetto”: un’intesa importante al Comune di Salerno
SALERNO – Spesso non si sa chi sono, quanti sono e dove sono. Parliamo delle persone “senza tetto” che, nel vivere in strada, vedono coricata per terra, sconosciuta e incompresa, la propria libertà, a motivo dell’indifferenza di chi non se ne occupa e per l’incapacità di chi dovrebbe occuparsene.
A tal fine, è stato firmato l’accordo tra il Comune di Salerno e l’Associazione “Avvocato di Strada” onlus, in collaborazione con l’Accoglienza Missionari Saveriani.
Si vuol capire chi siano. Ed anche: quanti sono e dove vivono. Non è solo un monitoraggio. È un tentativo per difenderli. Lo si può fare accompagnandoli, facendoli ’emergere’, ossia registrando i loro dati anagrafici, perché possano essere riconosciuti dallo Stato italiano. Con tale iniziativa si vuole cioè acquisire informazioni sull’effettiva situazione socio-ambientale della persona che chiede di essere iscritto nella banca anagrafica sul territorio comunale.
È stato dunque fatto il primo passo per la definizione dell’iter procedurale finalizzato all’iscrizione anagrafica dei “senza fissa dimora”.
Lo scopo ulteriore è garantire la domiciliazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 43 del codice civile.
Si è reso necessario formalizzare un protocollo, a mo’ di apristrada pratico che pianifica le attività di supporto affinché ciò che è utile e necessario sia predisposto nel rispetto dei termini di legge.
È, in sostanza, quanto pattuito giovedì 2 luglio, presso la Sala Giunta del Palazzo di Città.
Si pensi alla preparazione e alla formulazione dell’istanza di iscrizione anagrafica: come potrebbe farlo un clochard da solo?
L’obiettivo è di facile intuizione, seppur non scontato: unire le forze ed incanalare i processi amministrativi per creare un percorso condiviso con gli uffici comunali delle Politiche sociali.
Ci si metta, del resto, nei panni delle persone “senza fissa dimora”, si pensi alle loro incertezze, alla comune diffidenza, allo svantaggio socio-economico e culturale. Ma lo Stato lo sa bene: riconoscere l’identità significa poter proteggere la dignità. (g.f.)