Referendum costituzionale: perché NO
Il referendum costituzionale del 20-21 settembre si avvicina. Per aiutare i lettori nella comprensione del quesito referendario, pubblichiamo alcuni argomenti a sostegno delle ragioni del NO. In altri articoli, per correttezza, sono evidenziate alcune ragioni del SI.
Seguiranno aggiornamenti online con la progressiva raccolta delle posizioni favorevoli e contrarie alla riforma.
Perché votare NO
1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentatività, senza offrire vantaggi apprezzabili né sul piano
dell’efficienza delle istituzioni democratiche né su quello del risparmio della spesa pubblica.
2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi
(Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte
costituzionale.
3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.
4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se è spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere più efficiente l’istituzione parlamentare).
5) La riforma appare ispirata da una logica “punitiva” nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualità dei rappresentanti con il ruolo stesso dell’istituzione rappresentativa.
6) L’elezione del Presidente della Repubblica (superata la quarta votazione) potrebbe essere determinata dalla sola maggioranza parlamentare;
7) La rappresentanza al Senato, la cui elezione avviene su base regionale, sarebbe prevalentemente assicurata alle sole liste più votate e tanto a scapito delle altre, anche se avranno superato la soglia di sbarramento a livello nazionale;
8) La procedura di revisione costituzionale (art. 138 Cost.) risulterebbe più agevole.
Stando ai sostenitori del NO è illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l’evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non è migliore di nessuna riforma.