La Politica è di tutti. I Papi, i cristiani e le Istituzioni.
Non tocca a me, la politica è una cosa sporca, non voglio sporcarmi le mani, i politici sono tutti uguali, ladri e corrotti; ai poveri, ai disoccupati, alle famiglie, alla cura e custodia del Creato, alla lotta alla mafia, alla violenza sulle donne, ai bulli, ai problemi legati al coronavirus…..ci deve pensare lo Stato.
Io sto bene in Chiesa, prego, canto, adoro, mi confesso, partecipo alla santa messa, mi comunico, vado all’associazione, al movimento ecclesiale…..che devo fare di più?
Quante volte anche nelle nostre salette di Azione Cattolica, nei consigli pastorali ed in tanti altri ambienti cattolici abbiamo sentito parlare in questo modo?
La vita di tutti i giorni può essere completamente staccata dalla vita di fede? Possiamo continuare a pensare che la dottrina sociale della Chiesa, il magistero dei Papi sul bene comune e la difesa del Creato sono cose che non ci riguardano? Possiamo disinteressarci di quello che avviene nel quartiere, nelle piazze e nelle strade delle nostre città? Possiamo vivere due vite parallele? Può la nostra azione pastorale fermarsi sul sagrato delle Chiese e non investire tutto ciò che lo circonda?
Come mai tanti laici si tengono lontani dalla cura dei luoghi che abitano? Perché spesso sono interessati a fare i chierichetti? Perché si limitano ad eseguire il compito affidatogli dal sacerdote? Perché si preoccupano principalmente del buon esito delle celebrazioni e poco o nulla di quello che accade in città, nel consiglio comunale, regionale, delle Leggi approvate dal Parlamento, delle decisioni dell’Unione Europea, dell’amministrazione della giustizia, dell’andamento dell’occupazione, dell’integrazione tra popoli differenti, dei problemi carcerari, della sanità o della scuola? E che fanno per collaborare con le altre agenzie educative affinché i bambini ed i giovani possano crescere in modo sano e vicino al Signore?
Eppure, per ricordare Don Primo Mazzolari, il Campanile dovrebbe essere connesso con le piazze, la vita di fede deve avere ripercussioni in città; non è possibile che i cristiani aspettino che gli altri facciano il primo passo nell’impegno socio-politico; non si può delegare il governo della città al sindaco ed alla giunta.
I cristiani devono collaborare senza sterili polemiche e vuoti formalismi alla crescita sotto tutti i livelli delle comunità in cui vivono.
Per animare le parrocchie ed i quartieri siamo aiutati dal magistero dei papi che non hanno mai fatto mancare il loro contributo per una società più giusta ed accogliente, meno litigiosa e sofferente.
Giovanni XIII il papa della giornata mondiale della pace
Ai meno giovani occorre ricordare la testimonianza di Papa Giovanni XXIII sul versante della pace mondiale; in clima di piena guerra fredda, di grandissima tensione mondiale con gli Usa e l’Urss pronte a minacciarsi con i missili continentali ed atomici, il papa “buono” lanciò nel 1962 un messaggio accorato ai potenti della Terra ed a tutti gli uomini di buona volontà affinché capissero che alla Chiesa sta a cuore più d’ogni altra cosa la pace e la fraternità tra gli uomini; ed essa opera senza stancarsi mai, a consolidare questi beni.
Queste parole di pace costituiscono anche un programma politico per noi cristiani che dobbiamo operare sempre per il dialogo e la pace; lo dobbiamo fare nella Chiesa e nella società, nelle salette dove svolgiamo i nostri incontri di formazione e nei condomini, nei corridoi delle parrocchie e nelle strade della città: a tutti dobbiamo portare la gioia di Cristo risorto e le nostre azioni devono essere sempre ispirate dal suo amore per il Creato e per gli uomini.
Tornando a Papa Giovanni XXIII, egli riuscì a far riflettere l’intera umanità e, anche grazie al suo prezioso contributo, fu scongiurato il terzo conflitto mondiale che sarebbe stato disastroso per tutti i popoli della Terra.
Il suo impegno proseguì l’anno successivo con la stesura e pubblicazione dell’enciclica stesura «Pacem in Terris» in cui sollecitava gli uomini a porre al centro di ogni azione la persona, inviolabile nei suoi diritti, ma titolare anche di doveri; il bene comune da perseguire e realizzare ovunque; il fondamento morale della comunità politica; la forza della ragione e il faro illuminante della fede.
Non mancano nell’enciclica gli inviti alla partecipazione attiva alla vita pubblica e all’attuazione del bene comune.
San Paolo VI e la Politica
E che dire di San Paolo VI secondo cui la politica è la carità in grande, una forma di amore, che cerca di dare risposte strutturali ai problemi della povertà, dell’occupazione, dell’ordine pubblico, della sanità, della pubblica istruzione, dell’ambiente. Grande fu la sua opera per un’Italia migliore nel dopoguerra e durante gli anni 70; il papa seminava nella Fuci per coltivare la futura classe dirigente della Dc; egli educava la “meglio gioventù” a diventare classe dirigente in modo cristiano e democratico. Chi oggi pensa a fare lo stesso, ossia a preparare i giovani a ruoli pubblici di rilievo?
Durante il terrorismo e, in particolare, il rapimento ed uccisione dell’amico Aldo Moro, il papa più volte richiamò al dialogo, alla concordia, al senso dello Stato.
Chi non vuole occuparsi di Politica né in termini di impegno diretto (parlamentare, consigliere, sindaco..) né come cittadino degno del Vangelo si comporta come Ponzio Pilato; chi non vive la città, non si occupa del bene comune – dalla cura delle aiuole alla manifestazione a difesa del territorio dallo scempio dell’inquinamento, dalla partecipazione a progetti di legalità alla cura dei bisognosi, dalle istanze per la risoluzione di piccoli/grandi problemi alla diffusione di buone pratiche sociali – non rende un buon servizio a se stesso ed alla comunità.
Chi non agisce, non ha il diritto di lamentarsi se le cose non vanno bene; solo chi si impegna può avere voce in capitolo.
Eppoi come si può mai giustificare una vita di fede vissuta nel disimpegno politico-sociale? Cosa si testimonia alle giovani generazioni? A questi ultimi dobbiamo lasciare un mondo meno inquinato, delle città più vivibili, un’economia fondata sulla centralità dell’uomo e non sul suo sfruttamento, una Politica che si occupi e si preoccupi degli ultimi, dei deboli, dei bambini, degli anziani, degli indifesi.
Giovanni Paolo I e la politica
Sebbene il suo pontificato sia stato tra i più brevi della storia anche Giovanni Paolo I ci ha dato un chiaro messaggio su come deve comportarsi un cristiano; ed invero, pochi giorni prima di morire ad un angelus sollecitò i cristiani ad essere buoni per contagiare gli altri con una bontà tutta intrisa della mansuetudine e dell’amore insegnato da Cristo.
A distanza di quarant’anni queste parole risuonano nelle nostri menti e nei nostri cuori e rappresentano un aiuto concreto per rendere migliore la società che abitiamo.
Se ognuno di noi operasse con la bontà di Cristo si vivrebbe meglio ed anche i rapporti politici sarebbero differenti, si ricercherebbe l’essenziale e non ci sarebbe spazio per la rassegnazione e le lamentele.
Giovanni Paolo II e la politica
L’insegnamento politico di San Giovanni Paolo II deve far riflettere tutti e, soprattutto, quelli che vivono la fede e la politica in modo rassegnato, ossia senza la Speranza; egli credeva nel dialogo con tutti, un dialogo sincero che non alza muri, ma costruisce ponti; un dialogo vero che non vuole imporre nulla all’altro. Il dialogo è uno degli insegnamenti del pontificato del “papa polacco” capace di far crollare il muro di Berlino e porre le basi per un’Europa migliore, più pacifica.
Giovanni Paolo II è stato capace di incontri prodigiosi in cui si pregava per la pace grazie ai quali si è tessuto un legame di stima sincera e collaborazione efficace tra popoli diversi.
A noi dell’Azione Cattolica all’inizio del suo pontificato disse di portare il sorriso dell’amicizia e della bontà a tutti e dovunque, per le divisioni in campo politico, il pericolo e la realtà di nuove guerre, le continue sciagure, le malattie implacabili, la disoccupazione, il pericolo dell’inquinamento ecologico, l’odio e la violenza e i molteplici casi di disperazione, hanno creato purtroppo una situazione di continua tensione e di nevrosi.
Il papa della mia fanciullezza e gioventù ha fino alla fine della sua esistenza terrena invitato il cristiano a vivere la vita e la fede in modo significativo per influenzare positivamente la società e la politica; in un incontro con il corpo diplomatico, disse che tutto può cambiare, dipende da ciascuno di noi, dal nostro potenziale di fede… Sì, noi possiamo cambiare il corso degli eventi (gennaio 2003); tali parole sono ancora oggi un messaggio di grande fiducia nell’uomo ed un inno alla potenza misteriosa di Dio.
Ed allora, se seguissimo queste splendide parole vissute in modo vero, di cosa dovremmo aver paura? Chi potrebbe fermare l’azione ispirata, pacifica, gratuita e competente di un cristiano che si mette al servizio dell’uomo e della società?
Papa Benedetto XVI e la politica
La lezione di Benedetto XVI sull’azione politica è testimoniata dall’enciclica Deus caritas est in cui ha sottolineato che senza amore non si capisce bene cos’è la piena giustizia, né la si mette in pratica in maniera giusta, pienamente rispettosa della persona umana. Giustizia, amore per l’uomo e solidarietà si tengono insieme. Il più giusto degli ordinamenti non lascia disoccupato l’amore.
Quanti di noi laici impegnati in Azione cattolica mettono al centro della vita di fede l’amore per l’altro chiunque esso sia? Chi di noi sollecita la giustizia degli ordinamenti politici e sociali? Quante volte, poi, abbiamo ridato speranza alla politica?
Al convegno nazionale della Chiesa di Verona del 2006 veniva sottolineato che il cristiano è chiamato proprio a questo, tenuto conto della disaffezione per la cosa pubblica, il bene comune, il disinteresse per l’impegno politico; non servono più iniziative sporadiche, ma occorre mettere in campo dei progetti concreti partendo dallo studio della dottrina sociale della Chiesa. Il cristiano deve rimanere collegato con la società, ricercare le migliori soluzioni ai suoi problemi, lavorare in rete per i temi sociali significativi che non sono delegabili ai sacerdoti.
Papa Francesco e la Politica
Papa Francesco, seguendo il magistero dei suoi predecessori, alla festa dei centocinquant’anni dell’Azione Cattolica (aprile 2017) ha detto che la parrocchia deve rimanere in contatto con le famiglie e con la vita del popolo; l’Azione cattolica non deve diventare una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi; in modo ancor più esplicito qualche anno prima in una delle tante omelia della messa mattutina a Santa Marta nel settembre del 2013 sottolineò che i cittadini non possono disinteressarsi della politica e un buon cattolico si immischia in politica, offrendo il meglio di sé, perché il governante possa governare. Nessuno di noi può dire “ma io non c’entro in questo, loro governano.
Non deve, poi, rimanere lettera morta la frase di Paolo VI ripresa anche da Papa Francesco secondo cui la politica è una delle forme più alte della carità, perché è servire il bene comune. Io non posso lavarmi le mani, tutti dobbiamo dare qualcosa. C’è l’abitudine di dire solo male dei governanti e fare chiacchiere sulle cose che non vanno bene: senti il servizio della tv e bastonano, bastonano; leggi il giornale e bastonano….Se tante volte abbiamo sentito dire che “un buon cattolico non si immischia in politica”, questo non è vero, quella non è una buona strada…….. diamo il meglio di noi, idee, suggerimenti, ma soprattutto la preghiera: preghiamo peri governanti, perché ci governino bene, perché portino la nostra patria, la nostra nazione avanti e anche il mondo.
Alla fine di questo breve ed incompleto excursus sul contributo petrino alla Politica, è doveroso invitare i soci di Azione Cattolica e, in generale, i cristiani a leggere, studiare un po’ di più, perché in questo modo daremo delle risposte efficaci ai problemi del nostro tempo e sapremmo riconoscere anche le tante belle conquiste dell’umanità che spera in Cristo.