Africa e prevenzione: la solidarietà dà casa alle madri in attesa
SALERNO – Una staffetta umanitaria per l’Africa. È quella che vede in cordata i giovani salernitani, col cuore che batte in Etiopia, grazie alla Fondazione “Rachelina Ambrosini” che dal 1 ottobre 2018 ha avviato un importante progetto con l’Università degli Studi di Salerno. Per la prima volta gli studenti sono approdati in Africa, mettendosi in moto con competenza e determinazione, con un occhio rivolto alle donne in gravidanza e ai bambini che nasceranno.
L’iniziativa sarà dettagliata martedì 5 marzo alle ore 17.30, nel Salone degli Stemmi presso il Palazzo Arcivescovile. L’occasione è data dal convegno “Africa tra prevenzione e prospettive”. Attivisti laici e religiosi propongono una riflessione sulle politiche d’intervento attuate e su quelle che saranno realizzate. Il convegno è organizzato dalla Fondazione “Rachelina Ambrosini” in collaborazione con il Centro di Cooperazione Missionaria tra le chiese.
Si consideri che da tempo “Medici con l’Africa Cuamm” opera nell’area di Gambella in Etiopia, al confine con il Sud Sudan, per aumentare la qualità, l’utilizzo e la domanda dei servizi materno-infantili e nutrizionali.
Il fine è costruire una Casa d’attesa nelle vicinanze del Centro di salute di Abobo, per venire in soccorso delle giovani donne etiopi.
Si tratta di un progetto di cooperazione per la salute globale teso a ridurre le disuguaglianze, con precisi interventi per il diritto alla salute, alla formazione. Diremmo semplicemente: per dare una mano alla speranza. La nuova struttura di accoglienza sorgerà nel campo profughi di Gambella e si chiamerà “La Casa delle Mamme di Abobo”, messa sù anche grazie al contributo dell’Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno.
Attiva dal 1973 con sede a Venticano (AV), la Fondazione “Rachelina Ambrosini” è un Ente Morale riconosciuto dal Ministero degli Interni. Presieduta da Tommaso Maria Ferri, è sempre in prima linea nel promuovere iniziative di cooperazione umanitaria volte ad impiantare ‘in loco’ le condizioni essenziali di profilassi, incrociando le traiettorie del sostegno umanitario con quelle della più elementare formazione sanitaria. Il tutto con grande dedizione e competenza, affinché la solidarietà non resti lettera morta, ma diventi un’opera viva da realizzare, in un’ottica progettuale imperniata sulla cooperazione umanitaria, nella vita ordinaria, mobilitando le risorse inventive e materiali che consentano alle popolazioni africane di riscattarsi dalla povertà e dalla carestia. (g.f.)