Casoni Doria di S. Lucia: oltre il degrado l’indifferenza
BATTIPAGLIA – Bisogna mettere in sicurezza i Casoni Doria. È una necessità dettata
dall’incresciosa circostanza in cui versano le due costruzioni gemelle, dal caratteristico
color rosso sbiadito, che costituivano un tempo un nodo essenziale nei circuiti rurali della
Piana del Sele. È un degrado che dura da decenni, con notevole compromissione degli
assetti strutturali ed allarmante fatiscenza degli elementi edilizi accessori.
È noto: perripristinare le condizioni essenziali di sicurezza occorre un adeguato investimento di risorsefinanziarie e strumentali. Riesce però difficile ipotizzare una cordata istituzionale che facciarete intorno ad una delle testimonianze nostrane della realtà rurale otto-novecentesca.
L’indirizzo politico sul da farsi non è stato finora concorde. Va, infatti, ricordato che nel
maggio 2014 il TAR salvava i Casoni Doria, in particolare uno – quello ‘sporgente’
sull’incrocio di S. Lucia tra le strade provinciali 312 e 8A – dalle mire dell’Amministrazione
comunale, della Slam srl di Giuseppe Pontecorvo e della Provincia di Salerno. L’intento degli
enti locali e del privato era abbattere quel fabbricato per meglio integrare i nascenti parchi
residenziali “Santa Lucia” e “Primavera” con l’asse viario che li separa dagli stabilimenti ATI.
Il Ministro dei Beni e delle Attività culturali, anche per tramite della Soprintendenza
regionale, pose veto: il progetto fu bloccato. Il Comune oppose ricorso e, nell’istanza dinanzi
al TAR, intervenne la Provincia di Salerno, avallando l’azione ricorrente dell’Amministrazionecomunale in solido con la ditta edile. Ad opporsi a tutela del bene architettonico furonoAntonio, Roberto e Virgilio Battaglia, rappresentati dagli avvocati Vincenzo D’Ambrosio eVincenzo Farro, con la partecipazione del Circolo di Legambiente “Vento in Faccia”.
Il parcoresidenziale “Santa Lucia” è poi stato costruito; quello “Primavera” è in costruzione alle
spalle dei due Casoni Doria, che intanto non sono stati toccati. La sentenza della prima
sezione del Tribunale Amministrativo Regionale veniva pubblicata tre anni dopo lo stop del
progetto edilizio e vi si dichiarava anzi che le strutture ‘rosse’ sono “d’interesse
particolarmente importante”. Se i due ‘casoni’ sono ancora lì lo si deve, dunque, alla
Direzione regionale del Ministero dei Beni Culturali che già il 3 maggio 2011 valutava gli
immobili come “testimonianza storica della cultura e della tradizione locale”.
Il punto è chel’interesse, ribadito su carta nel 2014, non ha ancora trovato riscontro effettivo in iniziativeconcrete che recuperino la reale agibilità – anche in chiave turistica – dei fabbricati.
Inutilegirarci intorno: se ad abbatterli non è stata finora l’azione dell’uomo, ci penserà il tempo con
la sua inesorabile azione devastatrice. A chi giunge dalla località S. Mattia lungo via
Noschese o da Porta di Ferro, attraverso località Torre d’Amore, riesce del resto facile
individuare da lontano i due cassoni, a partire dai solai ‘sfondati’ in bella mostra. E se è vero
che i due fabbricati in località Santa Lucia sono testimonianze singolari del patrimonio
storico della civiltà rurale battipagliese, è pur logico chiedersi a chi mai essi debbano
testimoniare il passato non a torto rivendicato nel provvedimento giudiziario. Una cosa è
certa: la storia rurale della comunità battipagliese resterà invisibile agli occhi di chi non ha
coscienza civica e culturale necessaria per conoscerla, custodirla e valorizzarla. (g. f.)