Cattolici e Politica… le fonti a cui attingere per agire
di Marcello Capasso
Quante volte abbiamo pregato, pensato, studiato, riflettuto, fatto discernimento, chiesto
consiglio per la Politica, i politici e per il nostro impegno socio-politico? Quante volte
abbiamo discusso dell’impegno dei cattolici in Politica? Riteniamo indispensabile
promuovere a tutte l’età l’interesse per la res publica? Il bene comune, ossia l’insieme di
quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di
raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente (par. 1906, Compendio
della Dottrina Sociale della Chiesa), è ricercato con vigore dai cristiani? Chi deve occuparsi e
preoccuparsi dei poveri, dei disoccupati, delle famiglie, della lotta alla criminalità
organizzata, della violenza sulle donne, della devianza minorile, della disoccupazione, della
cura e custodia del Creato, delle tante guerre sparse nei vari continenti…? Tante domande a
cui spesso abbiamo dato questa risposta: “Non tocca a me, ci deve pensare lo Stato”. Forse,
ed ancora peggio, restiamo indifferenti senza discutere e ricercare soluzioni.
L’indifferenza veniva fortemente contestata dal Venerabile Giorgio La Pira, sindaco
indimenticato di Firenze negli anni ’60, capace di muoversi con dialogo, amore, passione e
competenza sia per le strade della città che nel mondo intero all’indomani della minaccia
della terza guerra mondiale, con lo schieramento dei missili a Cuba da parte dell’Unione
Sovietica e gli Usa impegnati nell’assurda guerra in Vietnam. La Pira, sindaco vicino agli
ultimi e profeta della pace, non sopportava il disimpegno, amava il dialogo e rimproverava
chi era solito dire che la Politica è una cosa sporca. Egli credeva nell’impegno dei cattolici in
Politica, lo sollecitava e cercava di sanare le ferite delle varie periferie esistenziali. Da
cittadino del mondo ed umile servitore del Signore, La Pira scrisse, ad esempio, “ai potenti
della Terra” offrendo la città di Firenze come sede di un vertice sulla Pace. Andiamo molto in
là col desiderio e con la speranza? Sì è vero; ma il motto di Firenze cristiana è stato in
questi ultimi anni, tanto drammatici ed avventurati, il motto paolino: ‘spes contra spem’ :
che fu anche la “divisa avventurosa del patriarca Abramo.
Un altro aiuto per vivere meglio l’impegno in Politica ci viene da Aldo Moro, uomo buono,
saggio, dedito alla famiglia e capace di costruire ponti in una società dilaniata dal terrore. Aldo Moro, professore vicino agli studenti a differenza di tanti “baroni” che popolano le
nostre università, arrivò alla guida del Paese dopo una vita di studi, incontri, dialoghi. Egli
incontrò “sorella morte” in un modo barbaro ed alla fine di una prigionia lunga 45 giorni
avvolta in una serie di misteri. Rapito il 16 marzo 1978 ed ucciso il 9 maggio dello stesso anno
dalle Brigate rosse, Moro fu un esponente autorevole del cattolicesimo democratico ed un
padre costituente, proprio come La Pira, più volte ministro della Repubblica italiana e
presidente del Consiglio. Egli ricercava le “cose di lassù’” mettendo al centro la dignità
dell’uomo; era un autentico cristiano che amava la vita, non rifuggiva il suo tempo, ma
cercava di attraversarlo con mitezza e speranza.
Lavorò per anni al “compromesso storico” ritenendo possibile la ricerca di soluzioni
condivise tra la Democrazia cristiana ed il Partito comunista per il governo della Nazione.
Dal canto suo, il servo di Dio Don Primo Mazzolari ripeteva che il Campanile deve essere
connesso con le piazze; la vita di fede deve avere ripercussioni in città; i cristiani non devono
aspettare che gli altri facciano il primo passo nell’impegno socio-politico; non si può delegare
il governo della città al sindaco ed alla giunta.
I cristiani, singolarmente e non necessariamente associati in un movimento o partito
politico, devono collaborare senza sterili polemiche e vuoti formalismi alla crescita della
comunità in cui vivono.
L’impegno in Politica veniva sollecitato il 30 aprile 2017 da Papa Francesco in occasione
del 150° anniversario della nascita dell’Azione Cattolica in cui spronava tutti i soci ad
occuparsi della politica… con la P maiuscola, a gettare il seme buono del Vangelo nella vita
del mondo, ad essere uomini e donne caritatevoli, nessuno deve sentirsi estraneo al grido
del povero e nessuno è esonerato dal preoccuparsi, quindi della giustizia sociale.
Occorre mettere da parte pantofole, divano e telecomando per ricercare con dedizione,
competenza e dialogo le migliori soluzioni per i tanti problemi delle nostre città con
particolare riferimento alle periferie. Il cristiano secondo il Papa, attraverso la passione
educativa e la partecipazione al confronto culturale, deve allargare il cuore delle parrocchie
per incontrare tutti. Papa Francesco con le encicliche Fratelli tutti e Laudato Si’, ispirate dalla
dottrina sociale della Chiesa, ritiene fondamentale mettere al centro la dignità dell’uomo e
rispettare la Casa comune in ogni circostanza. In una delle tante omelie delle messe mattutine a Santa Marta, nel settembre del 2013, sottolineò che i cittadini non possono disinteressarsi della politica e un buon cattolico si immischia in politica, offrendo il meglio di sé, perché il governante possa governare.
Nessuno di noi può dire “ma io non c’entro in questo, loro governano.
Le sollecitazioni per i cristiani per vivere l’impegno socio-politico in modo permanente risale,
però, nel tempo ed in particolare con il papato di Leone XIII con la pubblicazione
dell’Enciclica “Rerum novarum” il 19 maggio 1891, ritenuta la Magna Charta della dottrina
sociale della Chiesa. Con questa enciclica la Chiesa prese posizione sulle questioni sociali ed
economiche del tempo e ribadendo che lo Stato deve tutelare i più deboli, non ci devono
essere posizioni dominanti nella società, la concordia è necessaria per lo sviluppo economico
ed il benessere delle genti.
Papa Leone XIII affidò il suo pontificato a San Tommaso, il quale riteneva che la parte e il
tutto fanno in certo modo una sola cosa, così ciò che è del tutto è in qualche maniera della
parte (S. Th. II-II, q. 61, a. 1 ad 2). Perciò tra i molti e gravi doveri dei governanti solleciti
del bene pubblico, primeggia quello di provvedere ugualmente ad ogni ordine di cittadini,
osservando con inviolabile imparzialità la giustizia cosiddetta distributiva.
Un altro enorme contributo per essere cittadini degni del Vangelo ci viene dal magistero di
papa Giovanni XXIII che con la pubblicazione dell’enciclica «Pacem in Terris» invitava gli
uomini a porre al centro di ogni azione la persona, inviolabile nei suoi diritti, ma titolare
anche di doveri; il bene comune da perseguire e realizzare ovunque; il fondamento morale
della comunità politica; la forza della ragione e il faro illuminante della fede.
Per non dire di San Paolo VI, secondo cui la politica è la carità in grande, una forma
di amore, che cerca di dare risposte strutturali ai problemi della povertà, dell’occupazione,
dell’ordine pubblico, della sanità, della pubblica istruzione, dell’ambiente. Grande fu la sua
opera per un’Italia migliore nel dopoguerra e durante gli anni ’70; il papà ‘seminava’ nella
Fuci per coltivare la futura classe dirigente della Dc; egli educava la “meglio gioventù” a
diventare classe dirigente con stile cristiano e democratico. Chi oggi pensa a fare lo stesso?
Chi oggi pensa a preparare i giovani a ruoli pubblici di rilievo?
Durante la stagione del terrorismo e, in particolare, in occasione del rapimento e
dell’uccisione dell’amico Aldo Moro, Paolo VI più volte richiamò al dialogo, alla concordia, al
senso dello Stato. Sollecitazioni significative per l’impegno dei cattolici nella Politica sono venute da Vittorio Bachelet secondo cui occorre, in primis, pregare per i politici proprio perché sono esposti in
modo speciale alla tentazione dell’ambizione, dell’invidia, del compromesso (da giornale
‘Coscienza’, n. 18, 25 settembre 1951). Essi hanno responsabilità speciali e devono prendere
decisioni e, pertanto, vanno supportati dalla nostra preghiera.
Bachelet riteneva che la democrazia è conquista e vittoria quotidiana contro la
sopraffazione, è difesa dei diritti faticosamente conquistati. Questa non è la
via più lunga per una maggiore giustizia nella società: è l’unica via.
L’insegnamento politico di San Giovanni Paolo II deve far riflettere tutti e, soprattutto,
coloro che vivono la fede e la politica in modo rassegnato, ossia senza la Speranza; egli
credeva nel dialogo con tutti, un dialogo sincero che non alza muri, ma costruisce ponti; un
dialogo vero che non vuole imporre nulla all’altro. Il dialogo è uno degli insegnamenti del
pontificato del “papa polacco” capace di far crollare il muro di Berlino e porre le basi per
un’Europa migliore, più pacifica.
Giovanni Paolo II è stato capace di incontri prodigiosi in cui si pregava per la pace grazie ai
quali si è tessuto un legame di stima sincera e collaborazione efficace tra popoli diversi.
Ai soci dell’Azione Cattolica, all’inizio del suo pontificato, disse di portare il sorriso
dell’amicizia e della bontà a tutti e dovunque, per le divisioni in campo politico, il pericolo e
la realtà di nuove guerre, le continue sciagure, le malattie implacabili, la disoccupazione, il
pericolo dell’inquinamento ecologico, l’odio e la violenza e i molteplici casi di disperazione,
hanno creato purtroppo una situazione di continua tensione e di nevrosi.
Fino al termine della sua esistenza terrena ha sollecitato a vivere la vita e la fede in modo
significativo per influenzare positivamente la società e la politica; in un incontro con il corpo
diplomatico, disse che tutto può cambiare, dipende da ciascuno di noi, dal nostro potenziale
di fede… Sì, noi possiamo cambiare il corso degli eventi (gennaio 2003); tali parole sono
ancora oggi un messaggio di grande fiducia nell’uomo ed un inno alla potenza misteriosa di
Dio.
Non mancano nel pontificato di papa Benedetto XVI le indicazioni sul come declinare
nella società gli insegnamenti di Gesù; ed invero nell’enciclica ‘Deus caritas est’ egli ha
sottolineato che senza amore non si capisce bene cos’è la piena giustizia, né la si mette in
pratica in maniera giusta, pienamente rispettosa della persona umana. Giustizia, amore per l’uomo e solidarietà si tengono insieme. Il più giusto degli ordinamenti non lascia disoccupato l’amore. Al Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona del 2006 veniva sottolineato che il cristiano è chiamato proprio a questo, tenuto conto della disaffezione per la cosa pubblica, il bene comune, il disinteresse per l’impegno politico; non servono più iniziative sporadiche, ma occorre mettere in campo dei progetti concreti partendo dallo studio della dottrina sociale della Chiesa. Il cristiano deve rimanere collegato con la società, ricercare le migliori soluzioni ai suoi problemi, lavorare in rete per i temi sociali significativi
che non sono delegabili ai sacerdoti.
Non resti lettera morta – è da ribadire – la frase di Paolo VI secondo cui la Politica è una
delle forme più alte della carità, perché la Politica è servire il bene comune.
Se seguissimo queste splendide parole vissute in modo vero, di cosa dovremmo avere paura?
Ed allora occupiamoci un po’ di più del sociale, del politico, dell’ambiente, di economia, delle
periferie, dei poveri, della sanità… per essere buoni cittadini degni del Vangelo.