Chiusura della Maccaferri di Bellizzi, Capasso: “Solidarietà ai lavoratori e alle loro famiglie.”
Il laboratorio socio-politico “CoscienzaSociale” dell’Azione Cattolica di Sant’Antonio di Padova è vicino ai lavoratori della Maccaferri di Bellizzi che, in piena pandemia, hanno praticamente perso il proprio lavoro. Lo storico stabilimento industriale del Comune di Bellizzi ha chiuso i battenti e, al momento, i lavoratori non hanno ricevuto alcuna rassicurazione né dai vertici aziendali né da parte governativa a riguardo di un loro possibile rimpiego in un altro settore o, comunque, per una integrazione favorevole nel concordato aziendale. Riteniamo che, a fronte della crisi in atto, i lavoratori dell’azienda Maccaferri dovrebbero essere sostenuti con un effettivo e mirato reinserimento nel mondo del lavoro, al di là dei sostegni economici di routine. Il lavoro dà dignità alla persona. Non a caso, il principio lavorista è il primo ad essere enunciato nella Carta Costituzionale italiana. Il lavoro non dovrebbe mai mancare, ancora meno dovrebbe capitare di perderlo al tempo del Covid. Che cosa faranno i 32 lavoratori che hanno impiegato la propria vita nella Maccaferri e che ora sono senza occupazione? E le loro famiglie? La Maccaferri opera in un settore strategico qual è quello del rischio idrogeologico. È una circostanza anomala quella che ha portato a chiudere l’impianto di Bellizzi. Si pensi che i disastri idrogeologici sono all’ordine del giorno: le frane, gli allagamenti, le esondazioni, per non dire dei conseguenti danni alle abitazioni, alle persone ed alle infrastrutture. Si riscontrano ogni anno dei danni ingentissimi. Per tale ragione, la chiusura della Maccaferri non sembra avere molto senso. Ci si chiede: se le maestranze dell’azienda hanno optato per un concordato aziendale, perché non hanno atteso le decisioni giudiziarie prima di dismettere lo stabilimento di Bellizzi? Il laboratorio CS esprime solidarietà ai lavoratori ed alle loro famiglie nell’anno che Papa Francesco ha voluto dedicare a San Giuseppe lavoratore. Possano presto ritrovare serenità ed una solidità economica. Possano essere aiutati da cirenei invisibili che, senza clamore, migliorano ogni giorno il mondo, affinché le loro sofferenze siano alleviate. A tutti gli imprenditori locali ci permettiamo di ricordare, con fiducia, le parole di Papa Francesco pronunciate in occasione del 1 Maggio 2020: “L’imprenditore dev’essere prima di tutto un lavoratore. Se lui non ha questa esperienza della dignità del lavoro, non sarà un buon imprenditore. Condivide le fatiche dei lavoratori e condivide le gioie del lavoro, di risolvere insieme problemi, di creare qualcosa insieme. Se e quando deve licenziare qualcuno, è sempre una scelta dolorosa e non lo farebbe, se potesse. Nessun buon imprenditore ama licenziare la sua gente. No, chi pensa di risolvere il problema della sua impresa licenziando la gente, non è un buon imprenditore, è un commerciante, oggi vende la sua gente, domani vende la propria dignità? Ci soffre sempre, e qualche volta da questa sofferenza nascono nuove idee per evitare il licenziamento. Questo è il buon imprenditore. Io ricordo, quasi un anno fa, un po’ di meno, alla Messa a Santa Marta alle 7 del mattino, all’uscita io saluto la gente che è lì, e si è avvicinato un uomo. Piangeva. Disse: Sono venuto a chiedere una grazia: io sono al limite e devo fare una dichiarazione di fallimento. Questo significherebbe licenziare una sessantina di lavoratori, e non voglio, perché sento che licenzio me stesso. E quell’uomo piangeva. Quello è un bravo imprenditore. Lottava e pregava per la sua gente.”
(Avv. Marcello Capasso – Coordinatore CS)