Contro la violenza sulle donne, Avv. Maria Garofano: “Una vera piaga sociale. Ancora molte donne hanno paura di denunciare.”
Nella ricorrenza della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, proponiamo un’intervista con Maria Garofano, avvocata impegnata nella tutela delle donne vittime di violenza e collaboratrice del Centro Antiviolenza Aretusa di Differenza Donna ad Atena Lucana.
Che cosa ricorre il 25 novembre di ogni anno?
Il 25 novembre ricorre la giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza maschile sulle donne. Questa data è stata scelta nel lontano 1981, durante il primo incontro femminista organizzato a Bogotà, in Colombia, allorquando si decise di celebrare in tale giorno la memoria di tre sorelle attiviste politiche dominicane (Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal) che nel novembre del 1960, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare e, condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.
Di cosa ti occupi nella vita lavorativa?
Sono un’avvocata specializzata nella tutela delle donne vittime di violenza di genere e dal 2016 collaboro con il Centro Antiviolenza Aretusa di Differenza Donna, dopo aver frequentato un corso di formazione specifico, con continui aggiornamenti professionali a cui partecipo tutt’ora. Attraverso l’Associazione ho avuto quindi la possibilità di approfondire una tematica che sentivo fortemente mia, e quindi di formarmi ed operare a tutela delle donne.
Dove opera il Centro Antiviolenza Aretusa?
L’Associazione Differenza Donna nel 2016 ha vinto un bando di gara dell’allora Piano Sociale di Zona S10 che ricomprende i comuni del Vallo di Diano, Tanagro e Alburni e da allora ha aperto il primo proprio centro antiviolenza in Campania, con sede ad Atena Lucana. Da allora ha vinto e portato avanti diversi progetti di sensibilizzazione sulla violenza di genere e di sostegno alle donne che ne sono vittime. Di recente ha realizzato il progetto “Dammi la mano”, sostenuto dal Dipartimento per le Politiche Familiari della Presidenza del Consiglio, con l’obiettivo mirato di sostenere i bambini e le bambine vittime di violenza assistita e offrire adeguato sostegno alle orfane e orfani di femminicidio, attraverso cui è stato tra l’altro possibile aprire un secondo presidio a Salerno, ove è sorto il Centro Antiviolenza Leucosia.
Che cos’è la violenza di genere?
La violenza di genere è un fenomeno sociale legato alla purtroppo secolare e radicata concezione patriarcale, agli stereotipi di genere e ai pregiudizi fuorvianti che spesso inducono a far leggere con difficoltà la violenza come tale. Si confonde, infatti, sovente, la violenza con la “conflittualità” che è altra cosa, in quanto quest’ultima presuppone che le parti, benché in conflitto, si trovino sullo “stesso piano”, esercitando i medesimi poteri; parità di condizione che invece non si riscontra nelle dinamiche violente, in cui il maltrattante esercita un potere sulla vittima, che lo subisce, alterando pertanto lo schema di equilibrio tra le stesse.
Qual è la missione dell’Associazione per migliorare significativamente la vita delle donne che subiscono violenza di genere?
Una delle più grandi battaglie è sicuramente quella relativa alla sensibilizzazione e formazione specifica, non soltanto degli operatori che in ogni settore si trovino a dover accogliere e tutelare le donne, ma anche della cittadinanza tutta. Ognuno di noi, infatti, è chiamato a rispondere al dovere di tutelare i diritti delle donne e minori vittime di tali reati.
Quali difficoltà incontri durante la tua vita professionale nelle aule dei tribunali?
Il mio peculiare lavoro in difesa delle donne nelle aule di tribunale palesa ancora di più la necessità della sensibilizzazione e formazione specifica sulla violenza di genere, anche nel settore giudiziario, in quanto l’impianto normativo presente nel nostro ordinamento tutto sommato è soddisfacente, ma il problema si pone nell’applicazione pratica allorquando non si hanno gli strumenti formativi in grado di saper leggere, anche tra le righe, le dinamiche di violenza.
Cosa ha fatto il Centro Aretusa in questi anni? Quante persone si sono rivolte al centro?
Il Centro antiviolenza è composto da professioniste, tutte donne, specializzate nella violenza di genere che offrono la loro competenza nel supporto alle donne che intendono iniziare un percorso di fuoriuscita dalla violenza attraverso l’accoglienza telefonica h24 anche con numero verde (in quanto spesso le donne non hanno indipendenza economica ed anche una telefonata può essere gravosa per le stesse), attraverso poi la predisposizione di colloqui individuali, consulenze legali gratuite e soprattutto effettuando una prima valutazione del rischio della situazione della donna, già dal primo contatto telefonico, a cui segue il grande lavoro di rete a sostegno delle donne da tutelare; il tutto nel pieno ed assoluto rispetto della riservatezza e della privacy. Ad oggi il Centro Antiviolenza Aretusa, che lo scorso 20 novembre ha festeggiato, con un evento intitolato “Terre libere dalla violenza maschile contro le donne”, organizzato presso la Certosa di Padula, i primi cinque anni di attività sul territorio in questo arco temporale ha accolto circa 400 donne in uscita dalla violenza. Sappiamo tuttavia che tale dato è soltanto la punta dell’icerberg, in quanto drammatici sono ancora i dati del sommerso.
Negli ultimi anni, tenuto conto che è aumentata giustamente l’attenzione del Legislatore, dei mass media e della società a questo grave problema, è più facile denunciare episodi di violenza?
Attraverso la gestione da parte di Differenza Donna del 1522, numero nazionale antiviolenza, sappiamo che purtroppo moltissime sono le donne che hanno paura di denunciare a causa dei tempi lunghi della giustizia, ma anche perché sopraffatte dal timore di non essere credute nel loro vissuto di violenza o addirittura di essere allontanate dai propri figli.
Per gestire un centro antiviolenza e, per dare effettivo supporto alle donne violentate, immagino che occorrono risorse economiche non indifferenti; come affrontate questo nodo?
I centri antiviolenza sono finanziati da fondi pubblici perché la violenza non è una questione “intima e privata”, ma una vera e propria piaga sociale di cui la società deve necessariamente farsi carico. Tuttavia i fondi pubblici non sempre sono sufficienti e regolari; quindi il sostegno della popolazione, a tutti i livelli, diventa una risorsa importante, attraverso varie forme di donazione, tra cui il 5 per mille (per aiutare il Centro antiviolenza Aretusa si può inserire il codice fiscale: 96126560588 e la firma nello spazio dedicato alle Onlus, sul modello Unico, sul 730 o sul CU).
Come possiamo avere altre informazioni sul cento antiviolenza di cui fai parte?
L’Associazione Differenza Donna ed i centri antiviolenza Aretusa e Leucosia possono essere raggiunti anche attraverso i canali social, sulle pagine facebook “Associazione Differenza Donna” ed Instagram “Differenza Donna”, sulle quali potersi informare anche sui numerosi progetti portati avanti dalla stessa.