DAGO e la rivolta napoletana del 1547: grande successo per “Il Santo e l’Inquisizione” di Mondillo e Ongaro
“Il Santo e l’Inquisizione” è il titolo del n. 324 di ‘DAGO’, in edicola da qualche giorno. Ammesso che ancora lo si trovi, perché sta andando a ruba. Piacciono le microstorie locali quando – tra il vero ed il verosimile – le narrazioni prendono respiro tanto ampio da essere proiettate su scala maggiore.
L’anno è il 1547. La città è Napoli. A tenere la scena sono i tumulti popolari sollevatisi in estate per contrastare l’intento del Viceré spagnolo don Pedro Alvarez de Toledo di introdurre il Tribunale dell’Inquisizione. Tutto questo in fumetto. E viene subito da dire che, ancora una volta, l’Editoriale Aurea di Fiumicino ha colpito nel segno, se si pensa che la storia e la sceneggiatura sono state curate da Antonio Mondillo ed i disegni sono a firma di Paolo Ongaro. È una scommessa che, tra arte e storia, va di fatto ripetendosi con rinnovato entusiasmo. E non c’è bisogno di presentazioni. Ongaro ci ha donato tavole memorabili della fumettistica italiana, come quelle curate – tra le tante – per la Storia d’Italia di Enzo Biagi alla fine degli anni ’70 o quelle dedicate ai miti sportivi, da Coppi a Platini; Mondillo ci ha regalato la fortunata biografia storica di Tex Willer e la bella saga dei moti risorgimentali meridionali, tenendo a battesimo l’audace serie “Fratelli di libertà”.
Ora, tra vicoli e palazzi, prendono voce artigiani e alabardieri spagnoli, eretici luterani e popolani coraggiosi, nobili arrampicatori e cortigiani corrotti, ambiziosi baroni e spregiudicati predicatori. La quinta scenica che si srotola tra una striscia e l’altra è quella di una città già dilaniata da dispute teologiche, da persistenti contrasti sociali e innumerevoli interessi politici.
Mondillo e Ongaro mettono le dita nella Napoli moderna il cui retroterra culturale è un mix problematico di filosofia neoplatonica, dottrina cattolica e reminiscenze classiche. Ed incrociando penna e matita hanno realizzato un interessante esperimento grafico e narrativo. Diremo che sia ben riuscito, il che dimostra agli scettici e agli inesperti – ce n’è ancora bisogno? – quanto il racconto storico possa farsi più intrigante e suggestivo se affidato al linguaggio del fumetto, seppur con qualche contaminazione retorica. L’opera intera guadagna in ‘leggerezza’ divulgativa, diviene veicolo di contenuti storici, sicché da oggi i ‘supereroi’ della rivolta napoletana del 1547 animeranno il fandom degli ‘historical comics’ made in Sud. (g.f.)