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Ex Tabacchificio ATI tra degrado e promesse di sviluppo. Di Filippo “Fermiamo questo scempio.Riappropriamoci di questi luoghi.”


Proponiamo un’interessante intervista rilasciata dall’Arch. Maria Rosaria Di Filippo, fondatrice e Presidente di ‘Battitinera’ sullo stato di incuria e sulle vie di recupero dell’Ex Tabacchificio ATI Farina di Battipaglia.

C’è chi è convinto che il futuro della città di Battipaglia passi per l’ex Tabacchificio ATI. Detto così, sembra uno slogan elettorale. Eppure, queste parole tradiscono una grande speranza. In concreto, quale scenario di cambiamento potremmo immaginare a partire dall’ex Tabacchificio?

Lo scenario di cambiamento che immagino legato al recupero dell’ex tabacchificio è innanzitutto quello di avere a disposizione un luogo che ci rappresenti e che racchiude in sè le eccellenze che la nostra comunità è in grado di esprimere, in termini culturali, economici e produttivi. Tutto ciò attualmente manca a Battipaglia che non ha luoghi a ciò finalizzati, mancando anche di luoghi di aggregazione, espositivi e destinati al tempo libero. Non abbiamo infatti un teatro, un cinema, un museo, un luogo dove esporre le nostre tante eccellenze e dove i giovani possono iniziare una loro attività artigianale, professionale, artistica avendo a disposizione a costi contenuti spazi funzionali e rispondenti alle loro necessità. Con il recupero dell’ex tabacchificio avremo uno spazio eccezionale che raccoglie in un’unica struttura tutto quello che attualmente manca in città e di cui si avverte la necessità, per far fronte ad una crescita economica e culturale soddisfacente ed equilibrata per tutte le fasce di utenza locale.

Lei è autrice di un pregevole progetto architettonico di recupero e valorizzazione dell’ex Tabacchificio ATI. In diverse occasioni è stato presentato in città. Si tratta di un grande ed ambizioso disegno che restituirebbe alla comunità battipagliese una struttura polifunzionale come originale volano di sviluppo. Vuole illustrarlo in sintesi? Quali i suoi punti di forza?

Il mio progetto di rifunzionalizzazione dell’ex tabacchificio ATI Farina prevede attività innanzitutto compatibili con gli spazi della struttura e la loro storicità, questo è un punto assolutamente inderogabile per qualsiasi intervento che su di esso si intenda compiere. In sintesi prevedo di localizzarvi attività di cui attualmente mancano spazi adeguati in città, come un centro congressi e multisala, un auditorium, un polo di coworking artigianale, professionale e start up, un polo agroalimentare di prodotti tipici e a km0, spazi espositivi e di formazione e un polo fieristico una vetrina per promuovere le aziende locali e del territorio provinciale e regionale. I punti di forza sono diversi e facilmente intuibili, vanno da una crescita economica e occupazionale, legata anche all’indotto a cui si darebbe vita, con le varie attività produttive e professionali previste, ad uno sviluppo in termini turistici del territorio, in quanto la struttura si pone come attrattore culturale e per il tempo libero nella Provincia di Salerno. In questa occasione tra i punti di forza, mi piace sottolineare come il mio progetto operi una selezione accurata delle parti da conservare e salvaguardare rispetto a quelle da demolire perché ritenute superfetazioni edilizie, nel pieno rispetto di quanto stabilito dal vincolo della Soprintendenza Storica e Architettonica di Salerno e Avellino del 2007. E’ infatti importante sottolineare che il mio progetto prevede per uno dei pochi edifici identitari della nostra città, un recupero architettonico filologico della struttura, per restituirci un luogo della memoria, a cui non possiamo e dobbiamo rinunciare, perché solo riscoprendo le nostre origini, la storia economica, sociale e produttiva del nostro territorio potremo orientare il nostro futuro.

Che cosa finora ha impedito al suo progetto di essere realizzato? È solo un problema di raccolta di fondi finanziari o, più in generale, di attenzione pubblica e di sensibilità culturale…? O entrambe le cose?

Direi entrambe le cose.

Lei è una professionista affermata sia al Sud che al Nord e ha potuto confrontare vari modelli di promozione dell’archeologia industriale. C’è differenza, a suo giudizio, tra il settentrione ed il Mezzogiorno su questo fronte?

Nel mio lavorare al Nord Italia ho avuto modo di visitare ex fabbriche dismesse di archeologia industriale sia nella grande e cosmopolita Milano sia nei tanti piccoli comuni della sua enorme periferia, dove sono presenti edifici di archeologia industriale come ex filande, cascine e capannoni industriali. Devo dire che l’approccio metodologico è lo stesso. Diversa la committenza che interviene sulle stesse. A Milano a recuperare le grandi fabbriche dismesse sono soprattutto le fondazioni di importanti gruppi industriali, le case di moda, che trasformano queste strutture in poli culturali, espositivi e atelier. Nei piccoli centri si verifica invece quello che contraddistingue anche le nostre regioni meridionali, cioè a intervenire è soprattutto il committente pubblico, le amministrazioni comunali o regionali che acquisiscono gli spazi per dotare i territori delle infrastrutture pubbliche necessarie e indispensabili alla vita della comunità, come biblioteche, auditorium, cinema, spazi espositivi e commerciali.

In tutti questi anni di abbandono, secondo lei, che cosa ha penalizzato di più il destino dell’ex Tabacchificio?

Secondo me soprattutto l’essere un’area più o meno centrale appetibile per i grandi gruppi economici locali legati al settore delle costruzioni.

Tra archeologia e tecnologia, passando per la rigenerazione urbana e per i servizi di prossimità: la memoria della protoindustria agricola sembrerebbe essere molto feconda. Insomma, intorno all’ex Tabacchificio gravitano orbite di sviluppo promettenti. Pensiamo ad un hub culturale e non solo… Quali altri usi concreti e come comunicarne la novità ai cittadini?

Degli usi concreti ne ho parlato precedentemente. Gli usi non vanno solo comunicati ai cittadini, in quanto credo che i cittadini devono poter partecipare al dibattito sul futuro dell’ex tabacchificio, tenendo però in grande considerazione uno dei punti fondamentali da me espresso precedentemente e cioè la compatibilità della funzione con la spazialità e la struttura materiale dell’ex tabacchificio. Quindi immagino una progettazione partecipata, che porti a un progetto condiviso. Le novità tecnologiche e funzionali che possono contribuire a realizzare una struttura moderna e all’avanguardia devono essere condivise con la cittadinanza in workshop e seminari organizzati nell’ambito di un percorso di progettazione partecipata che vede allo stesso tavolo a parlare del futuro della struttura, tecnici qualificati, progettisti, specialisti, studenti  e semplici cittadini.

Se volesse classificare da 1 (poco) a 10 (molto) il grado di percezione dei battipagliesi circa le potenzialità inespresse dell’ex Tabacchificio ATI, quale voto darebbe? E perché?

Darei un 7 e mezzo/8. Molti battipagliesi ormai conoscono le potenzialità inespresse della struttura, quello che frena è la scarsa fiducia nelle amministrazioni a realizzare un progetto così ambizioso, in quanto il passato ci ha abituato ad una politica dimessa e incapace di realizzare e portare a termine grandi opere.

A molti sfugge una realtà obliata nel tempo: l’ex Tabacchificio ATI di Battipaglia si inseriva in un’antica rete manifatturiera ed agricola che agli inizi del secolo scorso costellava l’intera Piana del Sele. Si potrebbe ripristinare questa trama per mettere a sistema un circuito di turismo? Se sì, come?

Enormi sono le potenzialità sommerse che un progetto strategico di riqualifica dell’intero complesso della Rete degli ex tabacchifici della Piana del Sele potrebbe rappresentare in termini di promozione del territorio. La rete si presenta come un complesso unitario di archeologia industriale, costituito dalle strutture afferenti al Consorzio Saim, che controllava l’ intero ciclo di produzione del tabacco nella Piana del Sele dagli anni ‘20 agli anni ’70. Immagino la rete quale avamposto fisico da cui tracciare relazioni materiali e immateriali di cooperazione tra istituzioni e comunità’ finalizzate a creare nuovi “incubatori di sviluppo”  e “contenitori culturali” flessibili a destinazioni integrate ( poli di ricerca, produttivi, commerciali/fieristici e culturali) in grado di rilanciare la capacità produttiva del territorio affiancandola alla riscoperta di una rinnovata vocazione turistico-ricettiva che valorizzi la posizione strategica di queste strutture rispetto ad alcuni tra i principali poli regionali di attrazione balneare, archeologica e naturalistica. La filosofia che lega le strutture in una rete si basa sulla polifunzionalità, ma soprattutto sulla compresenza di attività di impresa accanto a luoghi di sperimentazione autogestita e di incubazione di start up (laboratori di ricerca, prototipazione, autoproduzione, spazi sociali di network, coworking e produzione collettiva). La proposta è quella di puntare ad una ricostruzione qualitativa del sistema agricolo-produttivo incentrandolo sulla valorizzazione e la promozione dei prodotti tipici locali con l’intento di preservare il patrimonio della biodiversità e della tradizione agricola e manifatturiera artigianale. La rete degli ex tabacchifici, dislocata proprio all’ interno dell’ impianto dei suoli agricoli, potrebbe essere rifunzionalizzata in termini di “stazioni”, che accompagnino la costruzione di un itinerario turistico di natura eno-gastronomica, utile ad affiancare la riscoperta della vocazione turistico-ricettiva della Piana espressa dalle emergenze ambientali (costiere e fluviali) e storico-archeologiche, che potrebbero concorrere all’ affermazione di centri turistici capaci di diversificare l’offerta meramente balneare aprendo ai visitatori le porte del proprio patrimonio storico, culturale ed etnografico.

Che cosa può fare la Scuola sul fronte dell’impegno civico per il recupero e la valorizzazione del territorio? Alcuni progetti ed iniziative sono state avviate in passato… Come fare sinergia?

Fondamentale per gli studenti è la conoscenza del patrimonio storico architettonico del territorio in cui vivono, da realizzarsi attraverso la narrazione storica, ma anche con la sua riscoperta in termini turistici. Solo se le future generazioni impareranno a conoscere, amare e rispettare il loro territorio, potranno essere in grado di salvaguardarlo e valorizzarlo. La mia associazione Battitinera di cui sono fondatrice e Presidente, svolge da anni azione di divulgazione culturale e di conoscenza del nostro patrimonio storico architettonico, troppe volte dimenticato e lasciato all’incuria e all’abbandono. In una situazione del genere è difficile anche per noi operare, quindi fondamentale è la collaborazione con le Scuole, i cui docenti dovrebbero impegnarsi di più a collaborare con chi tra mille difficoltà cerca di operare in ambito culturale su questi temi. Dovrebbero in concreto accompagnare più numerosi gli alunni in visita ai luoghi di memoria del nostro territorio, mancando da parte loro, una conoscenza diretta degli stessi. Direi che in una situazione così difficile dovrebbe essere quasi un obbligo morale oltre che istituzionale. 

Immaginando di fare una bella passeggiata tra le mura fatiscenti dell’ex Tabacchificio di Battipaglia insieme alla Sindaca, che cosa mostrerebbe in particolare o direbbe per marcare l’opportunità di un intervento di recupero?

Mostrerei la bellissima struttura nervata del deposito botti, dove circa due anni fa ci fu un importante crollo di una delle campate. Direi fermiamo questo scempio, questo picconamento alla nostra identità, alla nostra memoria storica. Riappropriamoci di questi luoghi che chiedono di contare ancora nella vita economica e culturale della comunità battipagliese e della Piana del Sele.

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