Falcone, Borsellino, Borrelli e i 50 anni dello sbarco sulla Luna
La mia prof di Italiano li chiamava “voli pindarici”: passare da un argomento all’altro, spesso per celare l’impreparazione su una domanda e spostare l’attenzione su ciò che si era studiato meglio o altre volte trovando collegamenti imprevisti, come mi è capitato in questi giorni.
Le celebrazioni dello sbarco sulla Luna, gli anniversari degli attentati a Falcone e Borsellino e la morte di Francesco Saverio Borrelli: eventi scollegati che hanno trovato un senso comune ascoltando interviste, speciali e commenti. 50 anni fa la missione Apollo 11 fu l’apice di uno sforzo corale di una nazione che rispondeva a una sfida lanciata da J.F. Kennedy nel 1962. “Abbiamo iniziato questo viaggio verso nuovi orizzonti perché vi sono nuove conoscenze da conquistare e nuovi diritti da ottenere, perché vengano ottenuti e possano servire per il progresso di tutti. […] Abbiamo deciso di andare sulla Luna. Abbiamo deciso di andare sulla Luna in questo decennio e di impegnarci anche in altre imprese; non perché sono semplici, ma perché sono ardite, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità, perché accettiamo di buon grado questa sfida, non abbiamo intenzione di rimandarla e siamo determinati a vincerla, insieme a tutte le altre.”
C’erano da vincere la sfida sovietica alla conquista dello spazio e la Guerra fredda, ma ciò che ne è scaturito è stata la dimostrazione di ciò che l’uomo può ottenere se si pone obiettivi ritenuti irraggiungibili ma conseguibili lavorando insieme nella stessa direzione.
Quello sforzo, ugualmente compiuto dall’altra parte della Cortina di ferro, fu raggiunto anche grazie al decisivo apporto degli scienziati tedeschi catturati in Germania alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la cui cattura fu obiettivo fondamentale nella corsa alla liberazione della Germania nazista. In questa corsa gli americani si “aggiudicarono” la mente più brillante di quel gruppo di scienziati, Verner Von Braun, l’ideatore dei temuti V, i razzi con cui la Germania cominciò a colpire a distanza l’Inghilterra e pensava di colpire il mondo intero. Tutti quegli sforzi di distruzione si trasformarono in modo imprevedibile nella costruzione di un sogno in cui – quella notte del 20 luglio 1969 – anche l’Italia ebbe una piccola parte. Sulla targa che Armstrong lasciò sulla Luna con i nomi di chi aveva contribuito alla missione, c’è anche quello di Filippo Pagano, siciliano di Terrasini che disegnò i moduli lunari e lavorò alle emergenze e all’addestramento degli astronauti. Inoltre, l’Osservatorio di Arcetri faceva parte di una rete di antenne sparse nel mondo, che avevano il compito di tenere i contatti con gli astronauti in caso di malfunzionamenti in quelle americane. Insomma, un esempio di collaborazione internazionale che rendeva un po’ più vera la scritta sulla targa posta sul suolo lunare:” Veniamo in pace a nome di tutta l’umanità”. Mentre pensavo a quel lavoro comune, tra persone molto diverse, provenienti da tante parti del mondo, un’intervista a Paolo Borsellino, in onda (solo…) per le celebrazioni del suo anniversario, mi ha riportato sulla Terra. Ma nelle sue parole c’era qualcosa che ancora mi teneva legato alla Luna. Un mese dopo la morte di Falcone, e un mese prima del suo assassinio, Borsellino raccontava della loro diversità di carattere e di pensiero su tanti aspetti della vita, ma allo stesso tempo della loro profonda amicizia, che aveva radici nell’infanzia.
C’era da vincere la sfida alla mafia, ma ciò che ne è scaturito è stata la dimostrazione di ciò che l’uomo può ottenere se si pone obiettivi ritenuti irraggiungibili ma conseguibili lavorando insieme nella stessa direzione.
L’amicizia e l’obiettivo comune furono le armi con cui combatterono quella battaglia e la loro diversità, come nel caso della conquista della Luna, fu il valore aggiunto. In questo zapping della memoria è arrivata la notizia della morte di Borrelli, e le immagini di Mani Pulite, Tangentopoli e di un altro pool, quello di Milano, hanno preso il posto di quello Antimafia.
Tra le interviste di Borrelli riproposte in occasione (solo…) della sua morte, un passaggio mi ha colpito. Borrelli rifletteva su cosa aveva influito sulla fine di Mani Pulite. All’inizio i mali dell’Italia erano stati individuati e i cattivi erano noti. Il problema sorse quando si capì che nulla poteva cambiare senza che anche noi cambiassimo, a partire dal quotidiano, dai piccoli grandi gesti, che avrebbero cambiato davvero le cose, ma che ci impegnavano in modo inaspettato. C’era da vincere la sfida alla corruzione, ma ciò che ne è scaturito è stata la dimostrazione di ciò che l’uomo …non riesce a ottenere se si pone obiettivi ritenuti irraggiungibili ma non lavorando insieme nella stessa direzione. Ecco, se all’atterraggio dal volo pindarico c’è dato di capire il nesso tra eventi tra loro scollegati, forse esso è nella fine di queste tre storie. Il progetto Apollo si fermò al numero 17. L’uomo era tornato sulla Luna altre 5 volte (con la parentesi “cinematografica” dell’Apollo 13, che dovette tornare indietro), ma l’attenzione sulle missioni era calata e, già dopo la fine della missione Apollo 11, molti di coloro che vi avevano contribuito, erano già stati congedati. Gli assassini di Falcone e Borsellino avvennero a causa del loro abbandono, in primo luogo da parte di uno Stato che avrebbe (e forse già aveva) inteso trattare col nemico: “Uomini soli”, efficace, malinconico, accusatorio titolo di un libro sugli eroi che volevano solo compiere il loro dovere. Mani Pulite, a detta degli stessi magistrati che ne hanno fatto parte, non è servita a nulla, se è vero che “non si è smesso di rubare, solo di vergognarsene”. Quello che forse mi ha colpito, e fatto intravedere un labile filo rosso, non è la delusione nella fine di un sogno, ma la speranza che ciò che di grande può essere compiuto dipende dal farlo insieme, non solo al di la delle nostre differenze ma grazie ad esse, e che la continuazione del sogno dipende da tutti e non dai pochi che l’hanno sognato.
Breve nota a margine: il film di maggior successo sulla “corsa allo spazio” è quello dell’unica missione che non riuscì a raggiungere la Luna, quell’Apollo 13, un “fallimento di successo”, come fu definito, grazie agli insegnamenti che la Nasa ne seppe trarre. A noi, che non possiamo gridare “Houston, abbiamo un problema”, e che non abbiamo imparato dagli errori commessi, resta solo il nostro impegno. (Alfredo Vicinanza)