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Il Cardinale, il Presidente, la Democrazia: con Zuppi e Mattarella al via la 50° Settimana Sociale dei Cattolici

TRIESTE – Prende il via oggi la 50° Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, da tempo preparata nei territori diocesani su una premessa subito formulata sia tra gli addetti ai lavori sia tra quanti partecipano da sempre allo storico appuntamento del laicato cattolico: l’evento tutto dovrà essere eccetto che un evento. Il Comitato scientifico e organizzatore anche per questa edizione ha di fatto confermato un proposito che va rinnovandosi di triennio in triennio: ci si ritrova a Trieste – come prima a Taranto e prima ancora a Cagliari, a Reggio Calabria, ecc. – per allestire uno spazio di condivisione ed elaborazione di idee e prassi che consenta ai cattolici in Italia di sperimentare in concreto e testimoniare con audacia nuove ed adeguate forme di partecipazione alla vita pubblica. Concretezza ed audacia. Sì, a voler congiungere in un solo tessuto i saluti ed i primi interventi echeggianti dall’assemblea friuliana, si scopre che la trama e l’ordito sono per l’appunto il far pratico di chi non vuol cambiare il mondo a colpì di teoria e il coraggioso osare di di vuol riempire la vita di Vangelo. A partire dal titolo di quest’edizione “Al cuore della democrazia”, che vuole essere una traccia di riflessione e non certo uno slogan usa e getta.
E a Trieste c’è invero ben poco che possa essere consumato con capziosa sicumera o nella frenetica disinvoltura. Perché in quella terra di sutura tra est ed ovest, mediterraneo e mitteleuropa fanno cantare le “buone pratiche” della solidarietà e della transizione ecologica, del lavoro dignitoso e della cittadinanza attiva.
E fa breccia l’eco sfidante delle prime autorevoli dichiarazioni. Basta citare quelle del Presidente della CEI Card. Matteo Zuppi e del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha inaugurato la 50° edizione.
Così in alcuni passaggi del suo discorso il Card. Zuppi: “Dal 1907 a oggi il cattolicesimo italiano non è rimasto a guardare, non si è chiuso in sacrestia, non si è fatto ridurre a un intimismo individualista o al culto del benessere individuale, ma ha sentito come propri i temi sociali, si è lasciato ferire da questi per progredire verso un ordine sociale e politico la cui anima sia la carità sociale. Siamo contenti quando i cattolici si impegnano in politica a tutti i livelli e nelle 5istituzioni. Siamo portatori di voglia di comunità in una stagione in cui l’individualismo sembra sgretolare ogni costruzione di futuro e la guerra appare come la soluzione più veloce ai problemi di convivenza. I cattolici in Italia desiderano essere protagonisti nel costruire una democrazia inclusiva, dove nessuno sia scartato o venga lasciato indietro. Anche, per questo, dobbiamo essere più gioiosamente e semplicemente cristiani, disarmati perché l’unica forza è quella dell’amore. Amiamo l’Italia e, per questo, ci facciamo artigiani di democrazia, servitori del bene comune.”
Parole a cui sembra faccia eco il Presidente Mattarella nel brano conclusivo del suo discorso, tanto denso di riferimenti storici e filosofici da sollecitare più di una lettura attenta: “Ogni generazione, ogni epoca, è attesa alla prova della “alfabetizzazione”, dell’inveramento della vita della democrazia. Prova, oggi, più complessa che mai, nella società tecnologica contemporanea. Ebbene, battersi affinché non vi possano essere “analfabeti di democrazia” è una causa primaria, nobile, che ci riguarda tutti. Non soltanto chi riveste responsabilità o eserciti potere. Per definizione, democrazia è esercizio dal basso, legato alla vita di comunità, perché democrazia è camminare insieme.”
È dunque il momento del laicato cattolico organizzato – quello che nelle associazioni, nei movimenti e nei gruppi va declinando senza tregua la creatività dello Spirito – tra l’orizzonte di una sinodalità ecclesiale in divenire e le quinte mobili di una cangiante scena politica. L’innocenza della retorica si palesa tutta in un interrogativo più che mai ragionevole: perché mai i cattolici che si misurano con la sfida della sinodalità intra-ecclesiale, quelli cioè che operano nella Chiesa affinché sia garantita un’unità superiore alle differenze di parte, non dovrebbero farsi carico anche della promozione di percorsi di dialogo e confronto tra le varie anime culturali della società civile? Non sono oltretutto rare, anzi appaiono più frequenti che in passato, le intersezioni feconde tra le varie espressioni di appartenenza alla comunità ecclesiale e le legittime rivendicazioni di parte nel merito di talune questioni politiche. Basti pensare alla posizione del laicato cattolico nel dibattito politico interno sull’autonomia differenziata, sul premierato o, guardando agli esteri, basti pure accennare alla condanna delle crisi economiche e dei conflitti geopolitici in atto nel mondo. È tempo per il laicato cattolico di dire la propria, di dare carne alla dottrina sociale, di coltivare nell’oggi drammatico il futuro di salvezza che Dio ha promesso al suo Popolo. Dalle parole ai fatti, senza obliare la Parola nella cieca fuga degli eventi, bensì incarnandola in un vissuto più sostenibile, più giusto, più umano. Anche a questo serve la Settimana Sociale dei Cattolici. (g.f.)

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