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Il cristiano e la pacca sulla spalla

di Marcello Capasso

Qualche giorno fa un socio di Azione Cattolica ha detto che per stare accanto alle persone che soffrono serve la “pacca sulla spalla”.
D’altronde, il samaritano si ferma per lenire le ferite di un moribondo e lo fa dopo l’indifferenza ed il “passare oltre” di un levita e di un sacerdote, uomini ossequiosi della forma, rispettosi della legge, ma lontani dalla compassione.
Quante volte ci è capitato di incontrare un moribondo?
Quante volte incontriamo persone che hanno problemi?
Cosa facciamo?
La pacca sulla spalla di cui il socio parlava può essere la panacea di tanti mali fisici e morali.
Noi cristiani dobbiamo coniugare la preghiera e la vicinanza concreta alle persone in difficoltà, ricordando loro che Gesù viene per dare sollievo e gioia a tutti.
La pacca sulla spalla deve essere effettiva, non fittizia. Ad una persona che soffre non dobbiamo dire soltanto: ti sono vicino nella preghiera. Dobbiamo dirgli: io sono accanto a te, ti ascolto e, forse, posso aiutarti.
La storia dell’Azione Cattolica è piena di santi, di beati ovvero soci che si prendono cura del prossimo facendo in modo che nessuno resti ai margini della società. Tra questi è bello ricordare il beato Pier Giorgio Frassati la cui vita è stata un inno alla gioia, alla carità ed alla scalata verso Dio.
Quante pacche sulle spalle ha dato Pier Giorgio? Quante persone ha aiutato? Quante ferite, come il samaritano, ha curato?
Imitiamo Pier Giorgio testimone di Gesù, rendiamoci protagonisti di piccoli gesti di carità, aumentiamo la dose di pacche sulle spalle.

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