L’io e il Noi
È di circa un mese fa l’intervento dell’arcivescovo di Salerno Mons. Luigi Moretti sull’annosa e drammatica questione delle Fonderie Pisano a Fratte di Salerno.
Anche Battipaglia, a più riprese, è stata investita del problema “Pisano”, quando si è paventata l’ipotesi che la nuova sede potesse essere individuata nel nostro territorio, invero già abbastanza martoriato. Poi, fortunatamente, non se n’è fatto più nulla, evitando alla nostra cittadinanza un ulteriore aggravio di problemi dal punto di vista ambientale. Ciclicamente, altre location – anche a noi vicine – sono state individuate e poi scartate, con l’unico risultato che le Fonderie Pisano restano chiuse e bloccate in un limbo burocratico-sociale di cui non si vede la fine, almeno in tempi brevi.
Proprio un mese fa – era il 5 novembre – s’è tenuto a Salerno un convegno promosso dall’Ufficio diocesano della pastorale del lavoro intitolato “Work in safety”, per argomentare la sicurezza sul lavoro in un’ottica integrale. Al convegno intervenne per l’appunto Mons. Luigi Moretti.
Il suo intervento, che è iniziato facendo un parallelismo tra le fonderie e la situazione dell’Ilva di Taranto, non si è concentrato sulle ragioni degli ambientalisti e dei comitati civici, che hanno ottenuto la chiusura dell’azienda e continuano a chiedere che le fonderie stesse non vengano riaperte; non si è soffermato nemmeno sulle ragioni dei lavoratori o su quelle dei proprietari, che naturalmente chiedono il contrario, bensì sul fatto che tutto questo si sia trasformato in uno scontro tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro. E, in questo caso, l’arcivescovo ha chiamato in causa le istituzioni che, invece di dare una risposta, sembrano tuttora giocare a ping pong, con l’unico risultato di lasciare la situazione irrisolta.
Dice Mons. Moretti: “Leggo i giornali e a giorni alterni è scritto che qualcuno decide che lo stabilimento venga aperto e poi chiuso di nuovo, e poi ancora riaperto. Al di là dei giusti motivi di ognuno, il discorso non sta più in piedi. Sarebbe il caso che qualcuno si facesse carico veramente di cercare una soluzione volta al bene comune”.
Stessa linea seguita anche quando continua dicendo: “Tutti dicono che la fabbrica deve cambiare locazione, ma appena si comprende quale sarà la situazione subito si scatenano le proteste. Sono tutti interessi particolari, invece il bene garantito deve essere di tutti. Ancora una volta credo che la sfida vera sia quella di uscire dall’io e far crescere la cultura del noi”.
Mons. Moretti ha continuato spiegando che le cose andrebbero viste da un orizzonte più ampio per evitare l’assolutismo di una visione troppo personale. Guardando da lontano, infatti, si ha una visione più panoramica nella quale ognuno può comunque portare la propria sensibilità, la propria cultura e le proprie convinzioni.
Credo che uscendo dalla “questione fonderie”, nei confronti della quale ognuno di noi può legittimamente avere la propria idea o convinzione, le parole dell’arcivescovo possano essere tranquillamente adattate alla vita di tutti i giorni e in tutti i suoi ambiti.
È innegabile come la nostra società sia la società del Super Io (non quello di estrazione freudiana), inteso come assolutizzazione della nostra persona, dove i selfie, le stories, i post che riguardano in modo trasversale tutti noi altro non sono che la risposta a un bisogno di visibilità che ci attanaglia in modo irrefrenabile e che non fa altro che mettere noi stessi (e solo e soltanto noi) al centro della nostra attenzione. E in questo Io spesso ci perdiamo. Perdiamo anche ciò a cui per natura dovremmo invece essere indirizzati. Il condividere, il mettere insieme esperienze, idee ed azioni per sviluppare il bene comune. In questa società, in cui troppo spesso la critica sovrasta il tutto nella continua ed irrefrenabile ricerca di un colpevole da additare, da colpire, da mettere alla berlina, sarebbe ora che prepotente si facesse vivo in noi un sano ritorno alla condivisione, un ritorno a quella volontà comune, (al di là di qualsiasi punto di partenza o ideologia) per ricercare ciò che davvero possa essere compreso come “bene di tutti”. Ed è innegabile che questo viaggio a ritroso per affrontare il futuro comune in maniera più meritoria non possa prescindere da Dio.
In tedesco esiste una parola – ‘Weltanschauung’ – per esprimere questo concetto. È un termine che abbraccia una triade: Dio, l’uomo e il mondo. Un trittico unito ed indivisibile, dove non può trovare spazio la concezione del Super Io. Dio, l’uomo e il mondo sono i tre elementi necessari per comprendere al meglio il tempo in cui stiamo vivendo e dai quali partire per evitare il perseguimento esclusivo degli interessi personali e per impegnarsi costantemente nel tentativo di garantire il bene a tutti. (Carmine Tarantino)