Per tutti noi ciechi e distratti: il vero Natale è al di là dei muri
di Carmine Tarantino
Mentre noi ci prepariamo al Natale e alle sue celebrazioni, dividendoci tra sacro e profano, tra preparazione liturgica e corsa sfrenata all’acquisto dell’ultim’ora (o per i più previdenti in attesa dell’arrivo del corriere di Amazon), la realtà mi colpisce in modo crudo, mentre distrattamente faccio scorrere in modo acritico post e immagini sui social.
Un uppercut in pieno volto, che mi riporta all’essenza delle cose rendendomi in un attimo nudo di fronte alla realtà delle cose nella loro semplicità/complessità.
Le foto che mi inducono a pensare, sono quelle dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia.
Da alcuni mesi ormai, migranti provenienti da Siria, Iraq, Yemen e Afghanistan provano ad entrare in Europa, in modo autonomo e disperato, vista l’assenza di canali sicuri e codificati come corridoi umanitari per richiedenti asilo.
I Paesi UE contrappongono una ferrea politica di respingimento, lasciando poi ai vari Stati di frontiera (Polonia, Lituania, Grecia, Italia, ecc.) libertà di azione politica.
Uomini, donne, bambini al freddo e al gelo, come il nostro Cristo di duemilaeventuno anni fa, senza neanche una grotta ed il bue con l’asinello dei nostri presepi a riscaldarli.
Eh sì! Nel nostro mondo, nel quale si progetta di colonizzare Marte o ci si ingegna per una nuova corsa alla Luna, tutti ce ne infischiamo di esseri umani che cercano una vita migliore e, per questo, si mettono in marcia con quel poco o nulla che hanno.
Non è il primo sbarramento destinato agli “umani” a cui assisto, sempre al riparo di uno schermo di un televisore o di un cellulare di ultima generazione.
Dai Lager della Libia ai campi profughi della Grecia; dagli assalti alle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla in territorio marocchino, gli sfollati ed i disperati del terzo millennio crescono di pari passo con l’innalzarsi dei muri e delle barriere che noi costruiamo per tenerli lontani. Muri che dovrebbero, a parer di molti e soprattutto di una buona fetta (sempre più numerosa) di partiti politici, salvaguardare il nostro benessere, le nostre tradizioni, le nostre sicurezze…
Abbiamo dimenticato troppo in fretta il nostro passato e, come novelli Pietro rinneghiamo (e molto più di tre volte) quanto è accaduto al Nostro Signore, nonostante la sua vicenda ci venga proclamata e raccontata nelle celebrazioni settimanali e, in particolare, in questo tempo liturgico.
Siamo satolli di benessere; le nostre case sono riscaldate; i nostri figli pasciuti ed in carne; il collezionismo del superfluo è l’unico problema reale che ci pone in ambasce.
Lo so. Faccio di tutta un’erba un fascio e so benissimo che anche all’interno delle nostre comunità civili e parrocchiali c’è chi lavora incessantemente per il bene degli ultimi, nella cura di quanti faticano in una realtà buia e falcidiata dalla pandemia che non accenna a lasciare la presa.
Però so anche che tra Bielorussia e Polonia si muore di freddo e di fame; che in Libia si viene torturati; che in Grecia si viene bastonati nel rivendicare un diritto inalienabile dell’uomo. Un diritto da noi acquisito per l’essere nati dalla parte fortunata di questi muri (invisibili o tristemente reali) che sempre più alti si ergono tra noi e loro…
Non mi chiedete soluzioni, non ne ho. E gli argomenti di cui dispongo sono deboli e sterili. Queste mie parole sono un grido di protesta contro tutti noi che, nell’indifferenza, abbiamo reso normale quelle immagini, noi che siamo capaci di emozionarci per un film ma non provare alcun sentimento dinnanzi alla sofferenza dei nostri fratelli più prossimi. Proprio noi che, dopo aver letto queste parole, ritorneremo alle nostre faccende, per ricordarci del regalo da destinare a quel parente lontano e dimenticarci in fretta del freddo, della neve, degli occhi di povere creature innocenti in cerca di un futuro meno disperato.