“Referendum sine quorum”: quando il popolo è chiamato a confermare anziché abrogare una legge
Quello a cui gli italiani sono chiamati a partecipare il 20 e 21 settembre è un referendum popolare di tipo confermativo anziché abrogativo. Che cosa significa? Non è materia per Azzeccagarbugli; nulla di “burocratese”. Si tratta bensì di una precisazione tecnica che occorre sia ben divulgata tra tutti gli aventi diritto al voto, perché siano consapevoli del corretto funzionamento dello strumento referendario. Mediante il referendum confermativo il popolo decide se confermare o meno una legge di riforma costituzionale che è già stata approvata dal Parlamento senza la maggioranza qualificata dei due terzi. Con il referendum abrogativo si decide se abrogare o meno una legge. Si procede, in particolare, con il referendum confermativo di una legge costituzionale se entro tre mesi dalla pubblicazione della legge stessa ne facciano richiesta un quinto dei membri di una camera, oppure 500.000 elettori oppure cinque consigli regionali. A differenza di quanto avviene nel referendum abrogativo, nel referendum confermativo (che è detto anche ‘costituzionale’ o ‘sospensivo’) si prescinde dal quorum. E cioè: si procede al conteggio dei voti validamente espressi indipendentemente se abbia partecipato o meno alla consultazione la maggioranza degli aventi diritto. Questa volta a decidere delle ragioni del Sì e del No non sarà pertanto la soglia dei partecipanti: non c’è un quorum da raggiungere, ossia non c’è un limite minimo di partecipanti da garantire affinché la consultazione possa ritenersi valida. Insomma, deciderà la maggioranza chi coloro che avranno partecipato. Che si sia in tanti o in pochi a recarsi alle urne, tutti coloro che avranno votato regolarmente potranno sperare di veder affermate le proprie ragioni, senza dover soggiacere alla volontà di quanti, pur avendo diritto al voto, saranno rimasti a casa. Lo chiarisce, senza mezzi termini, la Faq ministeriale: “Per la validità del referendum costituzionale confermativo, a differenza che per il referendum abrogativo, non è previsto dalla legge un quorum di validità; non si richiede, cioè, che alla votazione partecipi la maggioranza degli aventi diritto al voto e l’esito referendario è comunque valido indipendentemente dalla percentuale di partecipazione degli elettori.” (g.f.)