Teresa Borrelli all’AC salernitana: “Il vero compito è formare discepoli missionari.”
Un’Azione Cattolica in una Chiesa rinnovata e rinnovatrice che sia pronta ad accogliere e ad affrontare le sfide del nostro tempo. Teresa Borrelli, avvocato, dottoranda in Diritto canonico presso la Pontifica Università Lateranense, postulatrice presso la Congregazione delle cause dei santi di diverse cause – tra le quali quella di beatificazione di Antonietta Meo – ha fatto dell’Associazione cattolica fondata oltre centocinquanta anni fa da Giovanni Acquaderni e Mario Fani un punto della sua vita ed una fonte perenne della ricerca di valori etici, professionali ed educativi.
Un percorso che in tanti anni Teresa Borrelli ha avuto modo di affinare, perfezionare, vivere nella sua interezza scientifica e nella sua praticità, arrivando a ricoprire incarichi diocesani e nazionali.
Appartenente alla Diocesi di Bari-Bitonto, è stata Consigliere e responsabile nazionale dell’Azione Cattolica ragazzi (ACR) nel sessennio di presidenza di Franco Miano (2011-2017).
Un’esperienza ed una visione dell’Associazione, quella di Teresa Borrelli, che è stata per diverse volte motivo di consulenza per diverse e variegate realtà parrocchiali e diocesane. Tra i percorsi formativi che la Borrelli ha volentieri accompagnato e seguito vi è stato, per quest’anno sociale, quello promosso ed organizzato dall’Azione Cattolica della diocesi di Salerno-Campagna-Acerno la cui presidenza, nella persona di Gioia Caiazzo, ha strutturato un itinerario attraverso un Modulo Formativo Unitario in tre appuntamenti intervallati da due o tre mesi, da settembre 2018 a maggio 2019.
Questo lasso di tempo – che appare breve da un punto di vista cronologico, ma intenso se lo si guarda all’interno della programmazione associativa costituita da riunioni, attività di settore, formazione culturale e spirituale – ha avuto lo scopo di fornire spunti per le finalità dell’anno. Il Modulo Formativo Unitario non ha deluso le aspettative; diversi sono stati gli spunti e le riflessioni, tutte introdotte dalle acute, approfondite ed illuminanti esegesi bibliche di P. Ernesto della Corte, Assistente unitario di AC.
Teresa Borrelli ha sin da subito dato importanza alla ricerca e alla formazione, “peculiarità stessa dell’Azione Cattolica”. La fede dev’essere pensante, deve riuscire a rivelare il vero volto del Messia. Per questo, l’Azione Cattolica deve accompagnare per mano i soci, aiutarli a costruire un’identità. Importante è sapersi dare una regola spirituale; questo metodo non deve essere ricercato nell’Azione Cattolica stessa, bensì dentro di noi dato che l’“AC non è un metodo, ma si dà un metodo”.
Figura fondamentale per la Borrelli è quella dell’educatore. Nel corso della sua esperienza al Consiglio nazionale, Teresa Borrelli ha visto ed ha incontrato migliaia di educatori, ognuno diverso dall’altro e con una storia, con un contesto ed un metodo di lavoro differente, giusto o sbagliato che sia.
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Proponiamo di seguito l’intervista rilasciata da Teresa Borrelli al termine del percorso formativo diocesano 2018-2019.
P. – In questi incontri molto spesso l’Assistente unitario di AC Padre Ernesto della Corte ha parlato di un “radicale cambio di prospettiva”. In cosa l’Azione Cattolica, in concreto, deve necessariamente soffermarsi per attuare questo cambio? Un cambio pratico o puramente teorico/formativo?
B. – Credo che il cambio di prospettiva che l’Azione Cattolica oggi desidera per tutti i suoi soci, dai più piccoli ai più grandi, consista nell’assumere sempre più lo stile del discepolo missionario. Vogliamo essere persone che sanno che la gioia della sequela del Signore va condivisa; le meraviglie che solo Lui compie nelle nostre storie vanno raccontate. Essere discepoli missionari oggi per noi di AC significa riscoprire che l’amore di Gesù “ci spinge” e orienta le nostre storie verso il bene. Desideriamo allora continuare a vivere la nostra missione partendo dal riconfermare la scelta educativa che ci porta ad essere accanto ad ogni uomo e donna per sostenerlo nel cammino e accompagnarne i passi, stando in mezzo alla gente, nei luoghi della quotidianità, per le strade. Vogliamo vivere la nostra missione impegnandoci a dare il nostro contributo di laici che portano la grandezza dei valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico, laici che incarnano il Vangelo inculturandolo nel mondo. Insieme ai nostri pastori e alle nostre comunità, vogliamo incoraggiare la gente a vivere la propria fede dove sta e con chi sta, scoprire come, nel qui e ora della storia, vive, celebra e annuncia la propria fede, accogliendo i problemi che deve affrontare, come anche i tanti motivi che ognuno ha per rallegrarsi. Per noi, infatti, è la nostra quotidianità il luogo privilegiato per vivere “la nostra missione che non è un compito tra i tanti nell’AC, ma è il compito. L’Azione Cattolica ha il carisma di portare avanti la pastorale della Chiesa. Se la missione non è la sua forza distintiva, si snatura l’essenza dell’Azione Cattolica, e perde la sua ragion d’essere. Storicamente l’Azione Cattolica ha avuto la missione di formare laici che si assumessero la propria responsabilità nel mondo. Oggi, in concreto, è la formazione di discepoli missionari” (Papa Francesco, 27 aprile 2017).
P. – Come fare per far avvicinare maggiormente i giovani alla storia della Chiesa, ad abituarli alla continua formazione?
B. – Oggi più che mai penso che la testimonianza assuma un valore molto importante per avvicinare i giovani a riscoprire il dono grande della comunità. Ci si avvicina all’esperienza ecclesiale perché qualcuno ci racconta con la vita la bellezza di essere amato e sostenuto nelle scelte fondamentali della propria storia. Da questo deriva, da un lato, il grande senso di responsabilità con il quale si sceglie di rispondere ad una chiamata che ti porta a vivere con coerenza la “sequela Christi”; dall’altro la consapevolezza che quanti incontri sul tuo cammino possono dire qualcosa di nuovo e di inedito alla tua storia. Ogni esperienza, ogni occasione diventa così luogo prezioso per formarsi e soprattutto per “lasciare che Cristo sia formato in noi”. Credo che il desiderio di saper dare il giusto sapore alla nostra storia a partire da quanto si ha la gioia di scoprire ed incontrare, rappresenti il primo passo verso un percorso di formazione che si alimenta della preghiera, del confronto, della meditazione, dello studio, della relazione fraterna.
P. – C’è una parola, un concetto che più volte è stato menzionato ed approfondito durante i cinque incontri salernitani? Come s’inserisce nell’economia di un ragionamento più complesso ed articolato che abbraccia queste riflessioni collettive?
B. – L’Azione Cattolica, in questi 150 anni di storia, ha cercato di aiutare i tanti soci a vivere il proprio carisma nella semplicità della vita ordinaria, scegliendo di essere discepoli che ogni giorno, pur con le loro fragilità e nei limiti della condizione umana, si riconoscono innanzitutto amati e scelti a vivere in compagnia del Signore Gesù e dei fratelli: una scelta forte e consapevole che ogni anno rinnoviamo con l’adesione perché il tempo rappresenta per noi un dono di grazia che ci accompagna a comprendere la gioia di appartenere, in virtù del Battesimo, a Cristo, che ci rende figli unici e irripetibili, e alla sua Chiesa, che ci fa fratelli uniti e riconciliati. Ed è proprio nella nostra vocazione di laici che troviamo la forza ed il coraggio per vivere la nostra fede con la gente lì dove sta, facendo dell’accoglienza e del dialogo lo stile con cui ci facciamo prossimi gli uni con gli altri, condividendo la vita, facendo qualcosa insieme. A partire da questo, credo che la parola, o meglio le parole, che possono rappresentare il filo rosso di questi incontri, siano: “discernimento”sulprimato della vita. Siamo laici chiamati a sperimentare la bellezza del discernimento come la strada per imparare a comprendere e vivere la volontà di Dio per la nostra esistenza e per quella dei nostri fratelli. In questo processo, ci accompagna e ci sostiene sempre la consapevolezza che il discernere, sia personale che comunitario, è sempre un percorso parziale. Ci rende responsabili di un dono che, pur nell’incompletezza, decidiamo di accogliere e nell’incompiutezza doniamo, certi che l’azione dello Spirito di Dio opera e fa nuove ogni giorno tutte le cose. Noi oggi ci sentiamo parte di questa storia, scritta da altri prima di noi e resa bella e vera dal Signore, consapevoli che altri domani completeranno con creatività e audacia. A partire da ciò, il nostro desiderio è “di parlare della vita e alla vita”, declinando così la “scelta religiosa”. Questo ci spinge ad essere oggi sempre di più un’associazione in uscita, capace cioè di guardare a tutti, di essere per tutti un’esperienza significativa che ci aiuta a crescere come uomini e donne vere, di essere con tutti famiglia che sa accogliere e accompagnare “lungo tutte le stagioni della vita”.
P. – L’ultimo incontro formativo (5 maggio 2019) ha messo al centro la figura dell’educatore. Di quali mezzi il giovane educatore di AC non deve mai essere sprovvisto per diffondere la Parola ai giovanissimi?
B. – Credo che oggi i nostri educatori siano chiamati innanzitutto a riscoprirsi educatori eletti e prediletti nel cuore di Dio; a fidarsi di Dio e a porre il Lui la loro gioia. Il servizio che svolgono è prezioso per la loro vita, per quella vita dei ragazzi che accompagnano a crescere, per l’Azione Cattolica tutta ma anche per il nostro Paese, perché porta con sé il valore alto e bello di una scelta: la scelta alta, consapevole e libera che ciascuno di loro ha fatto e rinnovato. Mi piace pensare allora che il primo grande passo che ogni educatore è invitato a compiere consista nell’andare alle radici più profonde della propria vocazione educativa, scoprire davvero cosa lo spinge ogni giorno a dire il suo Sì, a chiedersi come poter accompagnare i giovani che il Signore gli affida. Questa scelta ha infatti una sola origine: la grazia del Battesimo che ci unisce e ci fa corpo di Cristo, popolo in cammino, ci fa Chiesa. Credo allora che sia urgente oggi riscoprire che l’esperienza che viviamo in AC è bella per la nostra vita perché ci aiuta ogni giorno a vivere in virtù del Battesimo l’appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa; ci accompagna nel diventare grandi in umanità e grazia, attraverso un cammino completo e graduale, nella fedeltà ad una vocazione che ci conduce alla santità come meta possibile per tutti.
P. – Tra i vari punti di riflessione che hai enucleato nel corso del tuo intervento, è possibile trovarne uno che unisca gli altri?
B. – Credo che esista un nono punto che possa riassumerli tutti: “Educatori cercatori di Dio”, uomini e donne cioè che si scoprono parte di un progetto, e per questo si rendono disponibili a seguirlo. Questo costituisce un impegno, uno stile, una promessa di fedeltà che ciascuno è chiamato ad assumere, custodire, vivere. Vogliamo così essere annunciatori instancabili della Rivelazione, chiamati ogni giorno a raccontare un Dio che si rivela nel tempo, nella storia degli uomini, nella tua storia, nella costruzione di comunità di uomini e donne. La Bibbia ci parla di un Dio che partecipa alla vita, illuminandola, trasformandola e orientandola in una direzione nuova. Dio è presente nella nostra esistenza; si incarna ogni giorno in uno spazio e in un tempo; crea legami fra gli uomini e con il mondo. Dio ci ama, ha dato la sua vita per salvarci e adesso è vivo in mezzo a noi, è al nostro fianco per illuminarci, rafforzarci e liberarci. L’augurio più vero è che ciascuno di voi possa essere discepolo della Parola perché possa annunciare, testimoniando e proclamando con parole e gesti, al modo di Gesù, il suo immenso amore per voi. Mettetevi sempre in ascolto e lasciatevi contemplare dal suo amore… È Lui che vi contempla perché vi ama e, guardandovi negli occhi, vi indica il bene.
Intervista a cura di Stefano Pignataro – www.coscienzasociale.org / domenica 14 luglio 2019