Vocazione e azione concreta
Beata Armida Barelli, nostra “sorella maggiore”
di Evelina Siani
Armida Barelli è stata una figura centrale per l’emancipazione delle donne, nella Chiesa e nella società del ‘900 italiano. In un tempo in cui per queste l’opzione era tra il matrimonio e la vita religiosa, la Barelli maturò una scelta nuova: l’apostolato laicale in forma associata. Da qui la sua vocazione alla consacrazione nel mondo con l’Istituto delle Missionarie e il suo decisivo rinnovamento dell’Azione cattolica nella prospettiva di un apostolato popolare. Da Milano il suo impegno si irradiò in tutto il Paese, dando vita alla più numerosa e capillare associazione femminile. Il 30 aprile 2022 la Chiesa la proclama beata.
Nacque nell’età umbertina e morì in quella repubblicana; nacque nel periodo del Positivismo e dell’anticlericalismo più ostili alla Chiesa e morì quando l’Italia cercava di rientrare nell’alveo cattolico; nacque quando le ragazze perbene non uscivano sole, non studiavano nelle scuole maschili, non partecipavano alla vita pubblica e morì quando le donne cominciavano ad avere libertà di movimento.
Fondatrice della Gioventù femminile dell’Azione cattolica, nonché dirigente dell’associazione stessa, Armida Barelli è stata un’educatrice italiana cofondatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, cofondatrice delle Missionarie della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo e cofondatrice dell’Opera della regalità di Nostro Signore Gesù Cristo.
Durante la sua vita fu frequentemente in viaggio tra mille disagi, tanto da sentirsi – afferma lei stessa – come “una zingara del buon Dio”.
Un incontro determinante nella vita della Barelli è quello con Padre Agostino Gemelli, psicologo, medico e frate francescano. L’anno è il 1910: è grazie a lui che matura la consapevolezza che può consacrarsi a Dio senza bisogno di entrare in convento e lo fa scegliendo il Terz’ordine francescano, abbracciandone la radicale spiritualità. Di lei Padre Gemelli scrive che: ”… non nacque eccezionalmente virtuosa, ma lo divenne; non fu, fino dalla prima età, una creatura di straordinaria vita interiore, ma a poco a poco, per dono di grazia e forza di volontà si formò in lei quella personalità non comune, quella donna di zelo infaticato, di sacrificio sorridente, di fiduciosa accettazione della grave prova con cui Dio volle chiudere la sua vita. (…) Insomma, quell’eroismo nell’agire e nel patire (…) fu un punto di arrivo, conquistato con lungo lavoro interiore assiduo e non mai interrotto».
Attenta alla storia del suo tempo, la Barelli forma una generazione di donne che si spendono nel campo sociale, sindacale e politico, nella fase fondativa della democrazia in Italia. Favorisce un’emancipazione radicata nella scelta vocazionale e volta a rendere le donne protagoniste della propria esistenza, nella vita familiare e sociale”.
All’indomani della Prima guerra mondiale, su invito di Benedetto XV, assume su di sé l’impegno di fondare la Gioventù Femminile Cattolica. In giro per l’Italia, intesse una fitta trama di relazioni epistolari con giovani donne intente a superare i condizionamenti ambientali e culturali, dovuti anche ad una mentalità ecclesiastica arretrata. Queste ultime si riferiscono a lei come loro ‘Sorella maggiore’ e le aprono il cuore parlando della propria vita e confidando la propria ricerca spirituale.
Caduto il regime fascista, si adoperò alacremente per l’inserimento nella vita politica delle donne chiamate per la prima volta al voto. La Barelli attraversa lo stivale italico, instancabile oratrice e motivatrice, preoccupata di combattere l’astensionismo, di promuovere il ruolo della donna e diffondere i valori cattolici nella società. Scrive alle presidenti delle associazioni: «Noi non facciamo politica, sorelle mie, l’Azione Cattolica è al di sopra e al di fuori della politica. Ma noi siamo cattoliche al cento per cento e non solo praticanti, ma militanti. Vogliamo perciò con tutte le nostre forze un’Italia cristiana».
Nel 1946 arriva la nomina a Vice-presidente generale di Azione Cattolica ad opera di Pio XII, ultimo dei tre Papi ai quali Armida assicurò una collaborazione continua, espressione del suo amore per Gesù Cristo e per la Chiesa guidata dai suoi Vicari in terra.
La croce della maldicenza non ha certo risparmiato Armida Barelli che dovette subire una prova comune a tante anime speciali, a cui i profili biografici accennano fugacemente. Era inevitabile che il successo ottenuto nella realizzazione della Gioventù Femminile, il ruolo di cassiera con la raccolta fondi per l’Università Cattolica, lo speciale legame che ebbe negli anni con i Papi, con tanti vescovi, suscitassero gelosie e invidie che sfociarono anche in vari tipi di maldicenza, ivi comprese le lettere anonime e le informative della polizia del regime. Oggetto di critica fu anche la lunga collaborazione con padre Gemelli. Non pochi vedevano come disdicevole la vicinanza di una giovane di bell’aspetto con l’altrettanto giovane francescano. Nella sua vita non mancano certo incomprensioni e tensioni originate da differenti punti di vista con un’altra protagonista del movimento cattolico femminile, Maria Rimoldi, o con la parte femminile della federazione universitaria per la convinzione della Barelli che le universitarie della Gioventù femminile dovessero rimanere interne all’associazione. Ma il coraggio della militanza fu grandioso e i risultati eccezionali.
Nel 1949 viene colpita da paralisi bulbare, muore nel il 15 agosto 1952. Da allora riposa nella Cripta della Cappella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano. Armida Barelli è stata e sarà ricordata sempre come una fra le più belle espressioni del carisma femminile e dell’impegno laicale così preziosi per la vita della Chiesa pre-Concilio.
In quanto soci di Azione Cattolica, è grande il debito che percepiamo nei confronti di questa donna. La sua vita è una mirabile testimonianza di passione ecclesiale e di capacità profetica. La sua instancabile dedizione all’attività organizzativa ha indicato nuove strade da percorrere per il genere femminile, nella vita religiosa e secolare. «La vita di Armida – dichiara Matteo Truffelli, Presidente nazionale di Azione Cattolica all’annuncio della promulgazione del decreto di beatificazione – racconta una storia ricca d’iniziativa, di coraggio, di libera assunzione di responsabilità, di impegno: una vita spesa nell’apostolato operoso, che ha dato forma a un nuovo ruolo delle giovani e delle donne nella Chiesa e nella società. Armida, una donna tra due secoli, attraversò le sfide dell’epoca con la forza della sua fede incrollabile, divenendo esempio limpido per moltissime donne che, seguendo le sue orme, hanno scelto e scelgono ancora oggi di mettersi a servizio della Chiesa (…). Nelle associazioni diocesane di Azione Cattolica – continua Matteo Truffelli – ci sono stati e ci sono ancora oggi numerosi esempi di donne come Armida, che hanno raccolto negli anni la sua eredità portando avanti con entusiasmo contagioso l’opera di evangelizzazione della “sorella maggiore”. Sono donne animate da una fede profonda e dalla convinzione che un’azione educativa seria e responsabile, e cioè il carisma della nostra associazione, aiuti sicuramente le persone a far incontrare Gesù Cristo nella propria vita, ma che sia soprattutto la testimonianza quotidiana di fraternità e servizio agli altri a renderci credibili. Il fiore profumato, allora, che tutti noi soci di Azione Adulti, Giovani e Accierrini, possiamo idealmente lasciare sulla tomba di Armida Barelli è quello della dedizione e della fedeltà al progetto d’amore di Dio per gli uomini, dedizione e fedeltà che la nostra Associazione, da più di 150 anni, ci permette di vivere da laici credenti nel servizio ai fratelli e alla Chiesa sui passi del Risorto!”
Papa Francesco di Lei scrive: “La sua vicenda esistenziale, ecclesiale e associativa, particolarmente intensa, presenta aspetti per certi versi unici: una radicale scelta di fede, vissuta dentro la modernità del Novecento, insieme a un profondo rapporto con la Chiesa fatto di corresponsabilità e di obbedienza.”